Tutti i nodi da sciogliere sui candidati regionali

Domani mattina Matteo Ricci, candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Marche, incontrerà i giudici che lo interrogheranno sulle accuse che gli sono state mosse per il periodo in cui è stato un, peraltro apprezzato, sindaco di Pesaro. Ricci sostiene che non vede l’ora di fornire la propria versione dei fatti. Ma sa che il suo destino di candidato dipenderà da chi soppeserà da lontano l’esito dell’interrogatorio per decidere se continuare a sostenerlo oppure no. Si tratta di Giuseppe Conte: in nome del vecchio motto grillino «Onestà, onestà!», è lui, l’ex premier, a tenere in mano le sorti di Ricci e, con lui di Elly Schlein. Spieghiamoci.

Nelle Marche si voterà a settembre. Attualmente vi governa la destra del fratello d’Italia Francesco Acquaroli: data la qualità della sua amministrazione, il Pd e i suoi alleati hanno (avevano?) una ragionevole fiducia di riprendersi quella che era una regione rossa, fortezza inespugnabile del Pci-Pds-Ds. Ma adesso è arrivata la grana dell’inchiesta su Ricci e Conte ha cominciato a fare i distinguo: vedremo, giudicheremo, valuteremo… Risultato: il Pd, la segretaria Elli Schlein e soprattutto Ricci stanno sul filo appesi al verbo contiano, noto per la sua spregiudicatezza. Già, perché le Marche sono una regione-chiave delle prossime amministrative: scontato il risultato del Veneto a favore del centrodestra (vedremo più avanti qual è la situazione lì), la Schlein punta, conquistando le Marche a fare un quasi en plein insieme a Toscana, Puglia e Campania. Con un risultato del genere, la segretaria avrebbe in tasca il congresso del Pd e forse la candidatura a premier alle prossime elezioni. Ecco che il bilancino di Conte – che non ha mai dimenticato Palazzo Chigi – potrebbe mandare in frantumi questi progetti: sottrarre il sostegno del M5S in nome della questione morale ad un candidato azzoppato da un’indagine giudiziaria significherebbe perdere la Regione e dunque indebolire la Schlein. Senza contare che il caso Marche ha riaperto la difficilissima trattativa per la Campania dove Vincenzo De Luca alza il prezzo smontando la candidatura del grillino Fico, sostenuta dalla segreteria del partito in accordo col M5S. È un’agitazione che mette a rischio anche il risultato della seconda regione d’Italia che proprio De Luca ha conquistato due volte con una montagna di voti. Che farà Conte?

Come si vede dalle mosse tattiche dell’avvocato pugliese dipendono fin troppe cose, ed è proprio questa condizione che innervosisce l’ala riformista del Pd che accusa la Schlein di essersi messa nelle mani di un riconosciuto mago del trasformismo.

Altra situazione complicata, il Veneto. Questa volta siamo nel campo del centrodestra. Luca Zaia non potrà ricandidarsi, ma è tentato di mettere in campo, anche per una corsa solitaria, una lista col suo nome per mantenere il controllo sulla Regione grazie al ricchissimo patrimonio elettorale di cui dispone. Il problema è che sul Veneto hanno puntato gli occhi i Fratelli d’Italia per un loro candidato con il quale si dovrebbe rispettare l’equilibrio nazionale: in effetti, il partito di Giorgia Meloni, di gran lunga il più votato del centrodestra, governa in poche regioni rispetto a Lega e Forza Italia. Dunque o il Veneto o la Lombardia – ragionano a via della Scrofa – toccherebbe a loro. Anche Forza Italia è di questo parere, e persino Salvini avrebbe fatto capire a Zaia che non c’è spazio per una lista autonoma che di fatto spaccherebbe la coalizione, scoprendo un vaso di Pandora che danneggerebbe il centrodestra anche in vista delle ormai non lontane elezioni politiche. Il Veneto è troppo importante per la maggioranza di governo ma riveste anche un forte valore identitario per la Liga di cui Zaia è il seguitissimo leader.

Come si vede, i dolori elettorali sono equamente distribuiti tra i due fronti che guerreggeranno nel prossimo autunno.

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