Ucraina ora l’europa dialoghi con mosca

Il castello di carte, faticosamente costruito dal presidente ucraino insieme ai leader europei per spingere Trump a indurire la posizione americana nei confronti di Putin e indurlo ad applicare sanzioni secondarie (soprattutto a India, Brasile e Cina) e a colpire l’economia russa, è crollato miseramente in Alaska. Al presidente russo, a Anchorage, è stata riconosciuta la dignità di Capo di Stato di potenza mondiale, una forte visibilità internazionale e non gli è’ stato chiesto formalmente un cessate il fuoco come qualcuno sperava a Kiev o nelle Cancellerie europee.

Se ce n’era bisogno, il leader americano ha dimostrato ancora una volta che non può o non vuole inimicarsi l’ “amico” Putin e lo ha confermato in un’intervista immediatamente successiva al summit, nel corso della quale ha chiesto a Zelensky di fare le opportune concessioni per chiudere il conflitto.

Naturalmente niente è’ scritto sulla pietra o su carta definitivamente e Trump nei prossimi giorni potrebbe sorprenderci ancora, fare un’ennesima giravolta e cambiare opinione. Ma ci sono alcuni fatti inequivocabili che rendono sempre più difficile la posizione negoziale di Zelensky, mentre il tempo gioca inevitabilmente a suo sfavore, nonostante il sostegno dei principali

Paesi europei. L’Ucraina sopravvive in un equilibrio sempre più fragile. Nei più’ recenti sondaggi il 64% degli ucraini in patria vuole una pace. Il Paese, che agli inizi degli anni ‘90 contava 50 milioni di persone, ha subito una drammatica emorragia e oggi ne conta 28 milioni, mentre il calo demografico e la fuga dal Paese non si fermano. La corruzione endemica, già’ da prima dell’inizio dell’invasione russa, è stata forse ridimensionata anche grazie alle pressioni occidentali, ma il mercato “nero” di armi e aiuti rimane saldamente in piedi . La situazione sul campo di battaglia non induce certamente a ottimismo e si vedono segnali sempre più’ visibili che la superiorità russa di uomini e mezzi sta progressivamente avendo la meglio sul coraggio e la resilienza ucraini. I margini negoziali in mano a Zelensky si restringono sempre di più’. Come al “gioco dell’oca” sembra di essere ritornati alla casella iniziale, cioè’ a inizio anno quando Trump umiliava il leader ucraino nel famigerato incontro alla Casa Bianca.

Quali saranno i seguiti del summit in Alaska ? Come detto, Zelensky è colui che rischia di più e con il passare dei mesi si troverà in una posizione sempre più difficile, tanto che appare sempre più probabile un’evoluzione degli eventi che lo veda nei prossimi mesi estromesso dal potere da qualcuno di chi ora lo appoggia.

Ma e’ l’Europa, o almeno alcuni dei leader europei che dovrebbero “battere un colpo”. Se si vuole “salvare il soldato Zelensky”, parafrasando il titolo del celebre film di Spielberg, a Roma, Parigi, Berlino e Londra (ma anche a Varsavia e Praga) dovrebbero fare un bagno di umiltà e realismo aprendo un dialogo serio con Mosca “turandosi il naso”. Un primo timidissimo tentativo del presidente Macron c’è’ stato nelle settimane scorse, ma occorre più realismo e “creatività”. Bisogna incominciare a parlare di neutralità’ dell’Ucraina, di cessioni territoriali, di presenza di truppe di certi Paesi per garantire un cessate il fuoco e poi una pace duratura. Alla guida dell’Ucraina un Occidente unito e Mosca devono trovare insieme un leader che garantisca un po’ gli interessi tutti e che sia in grado di lanciare un programma di ricostruzione che non venga costantemente minato dalla Russia.

La Storia non fa sconti e prima o poi da’ il suo verdetto punendo non chi è nel giusto, ma chi ha le carte migliori da giocare soprattutto nell’uso della forza. La scelta purtroppo non è tra pace giusta o ingiusta, ma tra un “compromesso disonorevole” o la possibile disgregazione dell’unità statale dell’Ucraina. Il “compromesso disonorevole” deve peraltro fondarsi su due linee rosse: salvaguardare lo Stato ucraino dall’instabilità permanente indotta da Mosca e ricostruire un’economia che riporti un certo benessere alla popolazione stremata da anni di guerra.

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