Vannacci si prende la pontida dei “maga”

Vannacci. Da pochi giorni, seconda persona indicativo presente del verbo “vannaccizzare”, neologismo coniato a sua stessa immagine e somiglianza dall’ex generale in quota Lega. In attesa che la Treccani o la Crusca inseriscano il verbo tra i lemmi italiani di uso corrente, l’uscita a sei colonne del parlamentare UE (“Voglio vannaccizzare la Lega”) ha già suscitato la sua bella dose di malumori. Anche e soprattutto dentro la comunità politica del Carroccio.

Ora, che la Lega si stia geneticamente evolvendo in qualcosa di profondamente diverso dalle sue origini autonomiste e padane, è cosa ormai acclarata. Niente di illegittimo, peraltro, considerando la liquidità con la quale si evolve il mondo, l’elettorato, il dibattito politico e le sorgenti stesse del Po sul Monviso.

Ci sono però alcuni elementi che meritano una sottolineatura. Anzitutto, la preminenza che il personaggio ha – o suppone di avere - sui destini e la narrazione leghista è certamente irrituale. Nemmeno Bossi si era sognato di bossizzare la Lega. Peraltro non ce n’era bisogno: il continuum fisico e ideologico tra il leader e la sua creatura non era in discussione. E così, ad esempio, Berlusconi con Forza Italia. Era un trasferimento diretto di anima e coscienza tra leader e comunità politica, alla stregua di Avatar. Il tramite, esattamente come le capsule del kolossal di James Cameron, è il simbolo di partito. E poi riti, colonne sonore, pretoriani inossidabili. Era la politica anni Novanta e Duemila.

Nell’ottica del generale, invece, “vannaccizzare” significa esattamente il contrario: imporre un metodo, uno stile comunicativo. Sciorinare le contraddizioni di una cultura woke che non cessa di autosabotarsi, evitando però la morsa stringente della complessità o della ricerca di soluzioni (il che, per inciso, era stata la forza comunicativa del suo “Mondo al contrario”, autopubblicato e subito balzato in testa alle classifiche editoriali). Non è un caso che, nell’ambito di questo stesso dibattito, Vannacci abbia lanciato anche il corrispettivo leghista dello slogan repubblicano Maga (Make America Great Again): “Make the League great again”. Che significa poco o nulla in termini concreti, ma manifesta la diretta genealogia trumpiana del pensiero vannacciano.

Il secondo elemento da registrare è la pressoché totale assenza di reazione tra i militanti. Lecchesi inclusi. Nessun commento (anzi, qualche dribbling e arretramento), acqua sul fuoco, parole di circostanza da parte del livello dirigenziale lecchese. Tutti dietro le ampie spalle del Capitano Matteo Salvini, che minimizza.

Tra i pochi a esprimere il proprio dissenso, con un grado di malumore (eufemismo) piuttosto risoluto, è stato il governatore lombardo, Attilio Fontana. Marcando, qualora ce ne fosse ulteriormente bisogno, quel solco che separa i livelli nazionali dalla pletora di governatori. Nella Lega, come in quasi tutti gli altri partiti. Francamente, la sensazione è che Vannacci (che non è uno sprovveduto, nonostante una certa sinistra lo bolli come tale, in quell’eterna ostinazione a generare le sue stesse nemesi) sia in posizione nettamente più avanzata sul sentiero che conduce la destra italiana (non tutta, ovviamente) all’abbraccio finale con l’identità trumpiana. Vannacci è certamente più Maga di Fontana, e probabilmente lo è anche più di Salvini e Meloni, che vivono di un sovranismo tutto europeo e lepeniano.

Terzo tema (e terzo tempo, si potrebbe dire) è Pontida. Pontida incombe, si avvicina ad ampissime falcate. Chi scrive questo fondo era lì al pratone nel 2018 e nel 2019, insieme ai militanti lecchesi, restituendo alle colonne di questo stesso giornale i retroscena e le sensazioni delle prime edizioni “blu” della storia leghista. Era un cambio d’epoca assoluto. Da un anno all’altro, i gazebo si erano allargati a tutte le regioni italiane, i gadget si coloravano di cobalto, gli slogan citavano il Paese e non più la Padania. Certo, c’era ancora qualche volenteroso (anche lecchesi, in gran parte migrati poi verso Patto per il Nord o verso la corrente bossiana dell’attuale Carroccio) ad animare le scritte federaliste sulla collina che domina il pratone. Ma la sensazione era che si fosse già oltre. Ecco, un’attesa analoga domina ora il countdown verso Pontida. E’ probabile che tra dieci giorni i lecchesi al pratone (che, come al solito, saranno molti e piuttosto variegati nel loro curriculum e senso di appartenenza) potranno assistere a una Pontida 3.0. La prima Pontida Maga.

Una nuova era, perfino per Salvini. E l’attuale vicesegretario Vannacci (uno che ha portato alla causa di Salvini mezzo milione di preferenze alle elezioni Europee), potrebbe pure tenerla a battesimo. Con buona pace di chi non intende vannacizzarsi.

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