
E alla fine ci risiamo. A cinque anni esatti di distanza dal voto del primo turno nel 2020, Lecco torna ufficialmente in campagna elettorale. Questa mattina, infatti, a ridosso di mezzogiorno al parchetto di Pescarenico (rinominato “Isola della felicità” con quel lievissimo eccesso di enfasi che echeggia in parte la narrazione paradisiaca della giunta uscente) andrà in scena il rito laico della ricandidatura del sindaco Mauro Gattinoni. Per la verità, la scelta era già stata ampiamente ratificata all’interno della coalizione di centrosinistra. Non ultimo, è stato il segretario dem Fausto Crimella, proprio su Unica Tv, a parlare di “un progetto decennale”. Insomma, via libera al bis di Gattinoni per acclamazione e subito la testa alla campagna elettorale. Se l’appuntamento di oggi ha un senso, quindi, non è quello di sancire il già sancito. Casomai, di suonare la campanella dell’intervallo per la politica lecchese: è di nuovo campagna elettorale, bellezza.
La coalizione di centrosinistra ritorna in campo facendo leva sulla stessa comunicazione con la quale si era presentata ai lecchesi in una fresca mattina di febbraio 2020, un mese prima che il tornado Covid travolgesse tutto e tutti. Vengono rispolverati i colori base di quella campagna (i celeste e rosso corallo che sdrammatizzano un po’ i cromatismi ideologici novecenteschi), piazza Vittoria di Acquate è sostituita dal retro del Campaniletto e lo slogan diventa un gioco di parole tra “Diamo voce alla città” e “Amo la città”.
Ma tant’è. Ci siamo. Giro di clessidra e inizia il conto alla rovescia verso una data (ancora ignota) compresa tra metà aprile e metà giugno.
Quale campagna elettorale attende i lecchesi? C’è da scommettere che la potenza di fuoco comunicativa del sindaco uscente non abbasserà il tiro rispetto al 2020. Al netto della quantità di fondi e del ventaglio di proposte, cambieranno però radicalmente i contenuti. Cinque anni fa era stato un florilegio di piattaforme programmatiche, di slogan legati al “cambiare passo” (costati peraltro le antipatie degli assessori uscenti). Insomma, archiviata l’esperienza da “outsider” della politica locale, Gattinoni & co. proporranno un modello simile al pamphlet di metà mandato finito nella cassetta delle lettere di tanti lecchesi: opere fatte, opere finanziate, obiettivi ancora da centrare. Con relativo corredo di cifre investite e gallerie fotografiche dei vari nastri tagliati (alcuni, pesanti, arriveranno proprio in campagna elettorale).
Più difficile è ragionare sulle strategie degli avversari. Anzitutto, bisognerà capire chi dirigerà le danze nel centrodestra. Carlo Piazza e Filippo Boscagli, rispettivamente candidati da Lega e FdI, hanno già palesato alcune differenze di interpretazione. Piazza a gamba tesa su sicurezza e singole problematiche quotidiane della città, Boscagli con uno sguardo rivolto anche ad elementi ideali e comunitari. Se tuttavia i livelli nazionali dei partiti di centrodestra dovessero bocciare le candidature attuali e ordinare d’imperio una cavalcata autorevole (magari all’altro Piazza, Mauro), si assisterebbe a duelli rusticani senza quartiere: dal Bione che latita, alla gestione contraddittoria del tema parcheggi; dai mille disagi viabilistici per i cantieri, al municipio “spezzatino”, fino ovviamente agli episodi di violenza e degrado in città.
E poi ci sono i terzi incomodi. In primis, Corrado Valsecchi, intorno al quale si sta via via costruendo un terzo polo lecchese tutto da misurare. C’è Azione, ci sono gli scontenti Pd (i due consiglieri del Gruppo Misto, Fusi e Tagliaferri, ma anche Mauro Frigerio) e c’è il gruppo locale di “Insieme”, che fa leva sull’autorità di un padre nobile come Domenico Galbiati, e sulla presenza cittadina di Mauro Fumagalli. La proposta politica avrebbe un peso enorme se passasse l’emendamento al decreto elezioni che abbassa la soglia percentuale dei ballottaggi, incoronando automaticamente il primo che arriva a quota 40%. A quel punto, davvero, diventerebbe dirimente per il centrosinistra cercare ogni accordo con Valsecchi.
Resta il fatto che il campo di centrosinistra è condizionato da ulteriori possibili mine vaganti. Non si tratta solo la lista degli over 80 di Marco Cariboni (una “boutade” che può comunque valere qualche punto percentuale), ma anche e soprattutto quei colonnelli dem in netto calo di entusiasmo:Francesca Bonacina, Stefano Citterio, lo stesso Mauro Frigerio, e altri malpancisti Pd (qualcuno già senza tessera).
Cosa accadrebbe se, più o meno indirettamente, dovesse venire a mancare il traino delle rispettive preferenze? La battaglia elettorale tra i due schieramenti, non dimentichiamolo, non riparte da un cappotto, ma da soli 31 voti di differenza. Basta un soffio di vento per invertire i rapporti di forza.
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