Un annuncio: domani in Camera di commercio si terrà un consiglio straordinario per discutere sugli accorpamenti con gli altri enti camerali, imposti dalla riforma della pubblica amministrazione.
Si può reagire con un’alzata di spalle, accompagnata da “embé?” Ma per chi vive ed osserva i fatti economici lecchesi, il consiglio di domani può avere un significato che va oltre la discussione su quale sia il partner migliore per la Camera di commercio di Lecco. Dallo sviluppo e dall’esito del confronto fra i ventitré consiglieri camerali (rappresentano le associazioni d’impresa e i sindacati) si potrà capire se c’è ancora la possibilità di definire un sistema Lecco. Un’espressione territoriale, sociale ed economica che qualcuno aborre (citazione da Mughini), ma che negli anni ha concorso a promuovere lo sviluppo, non solo economico, lecchese.
Sistema Lecco voleva dire che i singoli protagonisti, di volta in volta, accettavano di fare un passo indietro nella consapevolezza che in questo modo si potevano promuovere progetti condivisi e così concorrere ad un obiettivo superiore. È un metodo che non sempre ha funzionato ma che, comunque, ha prodotto risultati (il campus, tanto per ripeterci) e un bilancio complessivo con il segno più. Se domani - come molti indizi fanno prevedere – all’interno del consiglio della Camera di commercio si riprodurrà la spaccatura che ha caratterizzato l’elezione del presidente camerale, è probabile che il sistema Lecco sia destinato, per molto tempo ancora, a restare uno strumento di confronto e lavoro da declinare con i verbi al passato. Non è detto sia un male. È possibile che dentro la crisi da cui fatichiamo ad uscire, il sistema Lecco sia uno strumento sorpassato e inutile: come sanno bene gli uomini d’azienda dire “abbiamo fatto sempre così” è un modo per adagiarsi in comode abitudini, perciò sbagliato e spesso dannoso.
L’importante è che se si decide di rottamare il sistema Lecco lo si faccia con una scelta consapevole dei protagonisti. E che non sia invece un portato di liti, divisioni (che in alcuni casi sono anche legate ad aspetti caratteriali dei singoli), egoismi di categoria che poco hanno a che fare con gli interessi del territorio (che tutti, a parole, dichiarano di perseguire).
Così, per tornare all’ordine del giorno del consiglio di domani, la discussione sull’accorpamento da scegliere va fatta nel merito e con il supporto dei numeri. Mentre nel confronto fin qui emerso, di analisi su quale sia la migliore soluzione se ne sono sentite poche (ricordiamo l’indagine dell’Api sui flussi di fornitura e vendita delle imprese lecchesi, secondo cui l’asse da privilegiare è quello nord-sud lungo la 36; e gli argomenti sviluppati da Confcommercio sul sistema turistico del lago di Como).
Se fin da domani la discussione sarà di merito, un accordo si finirà per trovarlo. Se invece prevarranno altre logiche la spaccatura sarà inevitabile e difficile da sanare. I segnali non inducono all’ottimismo.
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