Insubria, la mazzata in Appello

Niente attenuanti, pene più pesanti

Riconosciuta come in primo grado l’esistenza di un’associazione per delinquere di stampo mafioso - Gli imputati urlano all’indirizzo dei giudici

Calolziocorte

Dunque il “locale” di Calolziocorte esisteva e dominava il territorio. Al punto tale che le persone coinvolte nell’inchiesta Insubria contro le ramificazioni della ’ndrangheta nel nostro territorio non meritano nemmeno la concessione delle attenuanti generiche. Una mazzata, la definiscono gli avvocati difensori, la sentenza di Appello del processo con il rito abbreviato pronunciata pochi minuti fa a Milano. Una mazzata al punto tale che alcuni imputati, dalla gabbia dei detenuti, hanno inveito contro i giudici di secondo grado con parole non proprio delicate. Per quanto riguarda gli imputati lecchesi, pene tra i 9 anni e 4 mesi (quella del presunto capo cosca Antonino Mercuri di Airuno) e i 6 anni (Ivan Condò e Albano Panuccio).

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