
Cronaca / Sondrio e cintura
Mercoledì 30 Aprile 2025
Melavì, udienza rinviata: lavoratori ancora senza stipendio e certezze
«La pronuncia del Tribunale sarà nodale per lo sblocco degli stipendi, fermo restando che i lavoratori non hanno escluso neppure azioni di blocco delle attività in caso di ulteriori ritardi» spiegano i rappresentanti sindacali
Ponte in Valtellina
L’udienza che avrebbe dovuto tenersi oggi in Tribunale a Sondrio, in merito alla richiesta delle misure cautelari protettive del patrimonio avanzata da Melavì, è stata rinviata al 7 maggio prossimo per integrazioni documentali, per cui le parti sindacali dovranno attendere per sapere se gli stipendi di marzo potranno essere pagati o meno. I dipendenti non li hanno ancora riscossi e, ora, sono stanchi e non ne vogliono più saperne di andare avanti ad oltranza, senza certezze per il loro futuro.
«Attendiamo l’esito della prossima udienza poi valuteremo il da farsi - dicono i rappresentanti sindacali di categoria che li stanno seguendo, Valter Rossi per la Flai Cgil, Ilaria Urbani per la Fai Cisl e Donatella Canclini per la Uila Uil -, perché la pronuncia del Tribunale sarà nodale per lo sblocco degli stipendi, fermo restando che i lavoratori non hanno escluso neppure azioni di blocco delle attività in caso di ulteriori ritardi».
Sono 71 in tutto i dipendenti di Melavì appesi al un filo, o meglio, agli ammortizzatori sociali almeno per coloro che li potranno utilizzare. L’azienda ha annunciato, infatti, la cessazione dell’attività e per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, 18, da oggi scatta la Cassa integrazione straordinaria, mentre per tutti gli altri, avventizi agricoli e a tempo determinato, questa possibilità non ci sarà. O verranno ricollocati immediatamente o andranno in disoccupazione agricola riscuotibile, però, solo nel 2026.
Una brutta situazione che sta gettando nello sconforto le maestranze, tant’è che oggi trovare qualcuno che rispondesse al telefono in Melavì è stato impossibile. Il meno, tuttavia, in un contesto di questo tipo, dove i ranghi si sono completamente sfilacciati. Lo stesso direttore, Gianluca Macchi, ha rassegnato le dimissioni da alcune settimane, e il cda si riunisce in modalità ristretta per le decisioni finali. Con Daniele Pasini al vertice, irraggiungibile nonostante i ripetuti tentativi di sentirlo. Con cortesia, ma ci ha fatto sapere di «non aver nulla da dire», anche se lo scorso marzo, da noi contattato, aveva ammesso di trovarsi in una situazione disperata descrivendola con amarezza.
Un’amarezza che è generalizzata. «Sapevamo che la situazione era pesante - dice Franco Biscotti, sindaco di Ponte in Valtellina -, ma ora veder scivolar via un pezzo di storia come quella di una cooperativa nata nel 1953 e che rappresenta l’emblema dello sviluppo economico del nostro paese, fa davvero male. La cooperativa costituiva un baluardo importante per i piccoli coltivatori, in particolare, perché posta a garanzia della coltivazione dei piccoli appezzamenti in modo da evitare processi di abbandono ed incolti. Che, oggi, cominciamo ad avere, perché non c’è più quella continuità di meleti di un tempo. Il paesaggio è vario. Ai meleti, in alcune zone, è subentrata la vite, oppure i piccoli frutti e gli ulivi. Però la cooperativa restava un baluardo e un impatto forte sul territorio dalla sua cessazione ci sarà, sicuramente e questo ci preoccupa e, allo stesso tempo, ci vede impotenti, perché cosa può fare il Comune al cospetto di un crisi debitoria enorme di una società, comunque, privata?».
Grande il dispiacere espresso anche da Franco Marantelli, sindaco di Villa di Tirano, altro importante polo produttivo. «Sono cose che non dovrebbero succedere e dispiace per le persone che ci lavorano e le loro famiglie, per gli agricoltori, per chi aveva i soldi depositati sui libretti Melavì e per il territorio in generale - dice -, perché ne risentirà. Soprattutto i piccoli coltivatori per i quali la cooperativa era un punto di riferimento, anche se, in parecchi, probabile, hanno già trovato altre strade».
© RIPRODUZIONE RISERVATA