Giovani creativi modellano il futuro della pietra ollare

Cinque giovani talenti riscoprono l’arte tradizionale grazie a un progetto regionale che unisce saperi antichi e linguaggi innovativi, per valorizzare il territorio.

Sondrio

Come gli artigiani malenchi modellano la pietra con le loro mani e, di fatto, con questo lavoro è come se modellassero anche il tempo, attraverso un prodotto che dal passato si proietta al futuro, cinque giovani creativi stanno cercando di modellarlo, questo tempo, in un altro modo, diventandone gli strumenti per il racconto e, dunque, per la sua sussistenza nel futuro.

Va al di là della similitudine il senso del progetto “Modellare il tempo. Living Heritage nel territorio alpino”, in corso in questi giorni in Valtellina, promosso dall’Archivio di etnografia e storia sociale della Direzione generale cultura di Regione Lombardia per sensibilizzare e coinvolgere le nuove generazioni nella trasmissione dei saperi e delle pratiche tradizionali. L’iniziativa sperimenta modalità innovative di comunicazione del patrimonio culturale immateriale, puntando su linguaggi creativi e partecipativi. Tra i territori scelti per questa sperimentazione, la Valmalenco in Valtellina – insieme alla Valcamonica – è al centro di un percorso che valorizza la tradizione della lavorazione della pietra ollare, materiale dalle proprietà termiche uniche, usato per secoli per realizzare utensili domestici, stufe, arredi e oggetti d’arte popolare. Un sapere antico che ancora vive grazie all’impegno di artigiani e comunità locali.

In questi giorni Studio Shift di Morbegno, partner del progetto, sta accompagnando i ragazzi, che hanno risposto alla call, fra Valmalenco e Sondrio alla raccolta di informazioni, dati, storie che serviranno per la prosecuzione del percorso. Interessante per loro è stata, ad esempio, la visita al Cast di Sondrio e, in particolare, al Museo dei minerali di Valtellina e Valchiavenna con la guida di Samuele Fojanini, membro dell’Istituto valtellinese di mineralogia Fulvio Grazioli, e della direttrice del museo Cast Alessandra Baruta.

Andrea Pugliese, che viene dall’Abruzzo e ha frequentato il triennio alla Naba a Milano in Media design e arti multimediali, ha partecipato «perché ho trovato interessanti e vicini alle mie passioni i temi della montagna e della pietra e il poter valorizzare artigianalità e alcuni elementi del Pianeta». Alice Greggio di Biella si è laureata un anno fa alla magistrale in Antropologia: «Cercando bandi ed esperienze al di fuori dell’università, ho visto questa proposta che, subito, mi ha attirata, perché avevo già fatto studi in ambito alpino in Piemonte e, così, mi sono lanciata – racconta -. Effettivamente è un bel progetto, per cui sono contenta di aver avuto questa possibilità». Ha studiato Design e comunicazione al Politecnico di Torino e inizierà il master di Eco-social design alla Libera Università di Bolzano Luca Toscano di Torino. «Mi sto avvicinando al mondo della progettazione e sto cercando di capire meglio cosa voglio fare nella vita – dice Toscani -. Credo che il modo migliore per capire sia provare. Avendo studiato scienze sociali e ambientali, questo progetto mi è parso un connubio perfetto». Giorgia Navarra, di Varese, viene invece dal triennio in Visual design alla Rufa di Milano: «Sono appassionata del lavoro artigianale e manuale – spiega -; mi affascinano gli artigiani e il loro sapere che è, spesso, qualcosa che non si riesce ad esprimere a parole, ma a gesti. Penso di avere, attraverso i miei studi, gli strumenti adeguati per poter valorizzare questi saperi». Originario di Sondrio, ma attivo ora in Valcamonica, Tobia Invernizzi Martini che ha studiato alla Civica scuola di cinema di Milano come direttore della fotografia: «Interessante riscoprire oggi un mestiere e un lavoro che, come spesso capita quando uno nasce in un territorio, si dà per scontato – dichiara Tobia -. Quando è uscito il bando, sono pertanto stato attirato dalla dualità pietra-legno (il legno è al centro del progetto parallelo in Valcamonica, ndr) e il caso ha voluto che tornassi a casa con occhi diversi per indagare, grazie a una progettualità, di cosa si tratti. Sono curioso di capire come riusciremo a elaborare un progetto creativo che restituisca questa nostra sensibilità, figlia di tante esperienze, tanti modi di pensare, di ragionare».

Ma cosa si porteranno a casa i giovani da questa esperienza? Sicuramente tanti gli aspetti che sottolineano: dall’imparare a lavorare in gruppo con persone che arrivano da studi diversi all’entrare in contatto con comunità e persone di un territorio, immergendosi in esperienze nuove e che potranno essere utili anche per il loro futuro professionale. La sfida è anche comprendere, in un modo non tradizionale, come portare avanti il mestiere della pietra che si sta perdendo o si sta evolvendo, fra aziende dove l’artigiano spacca la pietra ancora a mano e aziende super tecnologiche.

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