Crisi Melavì: c’è chi dice no

Una cinquantina di soci pronti a opporsi al concordato. «Vogliamo sapere che cos’è successo»

Sondrio

In meno di due settimane Donata Balzarolo, Carla Fiori e Barbara Paruscio, socie o figlie di soci di Melavì, cresciute in mezzo alle mele fra Castionetto di Chiuro e Ponte in Valtellina, hanno ribaltato il mondo pur di raggiungere il numero maggiore di soci possibili ed informarli della loro volontà di non demordere nel chiedere chiarezza su quanto fatto per scongiurare la crisi della cooperativa ortofrutticola e sulle sorti del prestito sociale custodito sui libretti di Melavì e pari a 2,8 milioni di euro. Bloccati, che i soci non possono più prelevare a crisi societaria in corso, fermo restando che non hanno più ottenuto nemmeno il pagamento dell’ultimo rateo del raccolto del 2023 e di tutto il prodotto del 2024.

«É stato difficilissimo, perché non avevamo il libro dei soci e non sapevamo dove andare a parare - dicono le tre donne -, però, a poco a poco, col passaparola, siamo riuscite a risalire a una cinquantina di loro di Ponte, Chiuro, Tovo, Lovero, Villa di Tirano, in tempo utile per proporre opposizione all’omologa del concordato semplificato di cui si tratterà nell’udienza di giovedì prossimo in tribunale a Sondrio». Dove, quindi, non interverrà solo l’avvocato di Melavì, Gianfranco Benvenuto, del foro di Milano, che ha in Marina Cotelli il suo referente su Sondrio, ma anche gli avvocati della compagine sociale, Federico Corona e Enrico Muffatti, del foro di Sondrio, che hanno presentato opposizione in due atti distinti per un complessivo di una cinquantina di soci. Questi ultimi chiedono al giudice che non venga omologato il concordato semplificato proposto da Melavì per evitare di incorrere nella liquidazione giudiziale, quello che un tempo si chiamava fallimento, e gestire, invece, in house, in autonomia la cessazione di attività, e questo per il fatto che a loro avviso non vi sarebbero stati i presupposti per una composizione negoziata della crisi, procedura seguita da Melavì nei mesi scorsi, propedeutica alla richiesta di concordato preventivo semplice.

«In questa fase - dicono i legali dei soci -, le società, ex codice delle crisi d’impresa del 2019, devono svolgere correttamente i passaggi che caratterizzano la composizione negoziata e questo, secondo i nostri clienti, non è stato fatto dal momento che nessuno di loro è stato mai contattato per essere informato di quanto stava accadendo. Nonostante si tratti di soci che vantano un credito di 2,8 milioni di euro e che vantano ratei di prodotto non pagato».

É bensì vero che non è codificato l’obbligo di sentire tutte le parti coinvolte in una crisi di questo tipo, ma i soci che si oppongono ritengono di essere stati tagliati fuori da passaggi nodali, che a loro avviso avrebbero dovuto conoscere e lamentano anche il fatto di non essere riusciti ancora oggi ad entrare in possesso di documentazione fondamentale «altro aspetto che abbiamo evidenziato nei due atti di opposizione» dicono i legali. Che non sarebbero gli unici, perché pare che anche altri creditori si siano opposti, per cui la situazione sul piano giudiziale si complica. É già complessa di suo, invero, sotto molteplici aspetti, anche economico-sociali, ma il piano legale non va sottovalutato perché dalle decisioni del collegio giudicante dipendono anche le sorti di questo settore sconvolto dal flop della cooperativa. Giovedì alle 11.30, come detto, l’udienza rivelatrice anche se non è detto che in quella sede già il collegio giudicante si esprima. Probabile raccoglierà tutte le istanze pervenute riservandosi, poi, di approfondire in un momento successivo.

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