Lavoratori introvabili, sono 3.500 nelle imprese lecchesi. «Mancano competenze»

Nel Lecchese resta scoperto oltre il 55% delle assunzioni previste. Mancano soprattutto operai specializzati e addetti a ristorazione, vendite e servizi.

Lecco

Tremilacinquecento lavoratori fantasma. In altri termini, posti di lavoro che non si riescono ad assegnare, in provincia di Lecco, a causa della mancanza di competenze. Il calcolo è della Cgia di Mestre che ha incrociato i dati camerali circa le future assunzioni, 6280 attese fra agosto e ottobre, e il tasso di reperimento che per il nostro territorio è al 55%.

Percentuale che pone Lecco all’ottavo posto in Italia nella classifica dei territori dove c’è la maggior difficoltà di assumere. In cima alla graduatoria Pordenone, Bolzano, Trento e Gorizia (tutte fra il 56 e il 57%).

Difficoltà di reperimento che riguarda anche il dato nazionale, 47,8%. Nel 2024, inoltre, su un totale di 5,5 milioni di nuovi ingressi previsti nel mercato del lavoro, quasi 840 mila (pari al 15 per cento del totale delle entrate attese) hanno riguardato operai specializzati.

La ricerca di queste figure si è rivelata particolarmente impegnativa: nel 63,8 per cento dei casi, infatti, gli imprenditori hanno segnalato notevoli difficoltà nel reperimento e, quando la selezione ha avuto esito positivo, il processo ha richiesto in media quasi cinque mesi. Inoltre, in quattro casi su dieci l’insuccesso nel trovare questo profilo è stato determinato dall’assenza di candidati presentatisi al colloquio.

«In sintesi - spiega la Cgia - per molte realtà produttive, soprattutto di piccole e piccolissime dimensioni, individuare figure quali carpentieri, gruisti, fresatori, saldatori od operatori di macchine a controllo numerico computerizzato rappresenta una sfida estremamente complessa».

Rispetto al secondo trimestre dell’anno, il numero delle assunzioni attese nel Lecchese è in calo di cento unità. Nel 3° trimestre 2025, il 30% delle entrate previste dalle imprese lariane (contro il 32,3% del 3° trimestre 2024) si concentra nel comparto industriale: si tratta di 5.580 nuovi contratti, di cui 1.380 riguardano il settore delle costruzioni. L’intero comparto vede un calo delle assunzioni del 9,3% rispetto ai tre mesi precedenti (area lariana -570; Como -420 unità e -12,5%; Lecco -150 persone e -5,4).

Anche rispetto allo stesso periodo del 2024 gli ingressi previsti nell’area lariana scendono di 390 unità: -6,5% (Como -90 e -3%; Lecco -300 e -10,2%).

Gli ingressi previsti nel terziario sono 12.990 (il 70% del totale, in aumento rispetto al 67,6% del 3° trimestre 2024); in particolare, le nuove assunzioni sono 2.140 nel commercio, 3.710 nel turismo e 7.140 negli altri servizi. Nell’intero comparto c’è una crescita delle assunzioni dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti, pari a 60 unità in più (Como +20 e +0,2%; Lecco +40 e +1,1%). Anche, rispetto al 3° trimestre 2024 i valori del terziario lariano sono in aumento: +490 assunzioni (+3,9%): Como +210 (+2,3%); Lecco +280 (+8,1%).

Chiari i profili di difficile reperibilità: per Lecco, “esercenti e addetti nelle attività di ristorazione” (360 persone, pari al 15,9%); “personale non qualificato nei servizi di pulizia” (170: 7,5%), “addetti alle vendite” (160 nuove assunzioni, pari al 7,1%); “personale non qualificato addetto allo spostamento e alla consegna di merci” (140: 6,2%) e “meccanici artigianali, montatori, riparatori, manutentori macchine fisse/mobili” (90: 4%).

La Cgia di Mestre spiega i motivi di queste difficoltà: «Rispetto al periodo pre-Covid, i giovani chiedono flessibilità e più tempo libero. Le cause dello scostamento tra domanda e offerta di lavoro sono molteplici e frequentemente interconnesse. Negli ultimi anni, fattori quali la denatalità e l’invecchiamento della popolazione hanno contribuito a ridurre la disponibilità di forza lavoro. Inoltre, è rilevante sottolineare che molti candidati non possiedono le competenze tecniche e professionali richieste dagli imprenditori, in particolare nel settore manifatturiero, evidenziando lo storico divario persistente tra il livello di apprendimento acquisito durante il percorso scolastico e le esigenze del sistema produttivo. È altresì importante evidenziare che, rispetto al periodo pre-Covid, i giovani sono sempre più alla ricerca di occupazioni che offrano maggiori livelli di flessibilità, autonomia e tempo libero. Parallelamente, mostrano una minore propensione ad accettare incarichi con orari prolungati (in particolare nel weekend) o condizioni lavorative fisicamente gravose».

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