
Cronaca / Circondario
Lunedì 25 Agosto 2025
Galbiate, trovato morto in casa, niente funerale. L’addio al fratello in forma privata
Angelo Spreafico è stato cremato, l’urna tumulata giovedì alla presenza solo di Franco Anche l’ultimo saluto, come i tratti salienti della vicenda, avvolti nel silenzio e nella solitudine
Galbiate
È stata tumulata senza alcun rito funebre l’urna con le ceneri di Angelo Spreafico, 63 anni, rinvenuto mummificato lo scorso 7 agosto nella propria abitazione di via Sant’Alessandro.
A decidere di non celebrare il funerale è stato il fratello, Francesco; proprio quest’ultimo è indagato per l’occultamento del cadavere, in quanto la morte - avvenuta per cause naturali - risalirebbe a tre anni fa. Per tutto questo periodo Francesco “Franco” Spreafico ha vissuto al piano di sotto della casa anni ‘60, costruita in cooperativa edilizia, e ha continuato a comportarsi normalmente, recandosi quotidianamente al lavoro, nella Rsa “Casa del cieco” di Civate, dove era operatore Oss inviato dalla cooperativa “Il Ponte”. Per Francesco Spreafico l’ipotesi di reato è, appunto, relativa al fatto di aver ignorato che, dal piano superiore della palazzina, non provenissero letteralmente segni di vita: tapparelle abbassate, nessuna attività da parte di Angelo (detto “Angelone” per la stazza), il quale, dal divampare del Covid, soffriva di ritiro sociale. Dopo il ritrovamento del corpo e l’esecuzione dell’autopsia, le spoglie sono state restituite alla famiglia, col nulla osta alla sepoltura.
Francesco Spreafico ha optato per la cremazione immediata, poi giovedì l’urna è stata tumulata, in sua presenza: infatti, mentre le indagini proseguono, non ci sono restrizioni di alcun tipo a suo carico e le sue avvocatesse, Ester Invernizzi e Alessandra Carsana, hanno già avuto modo di dichiarare: «Francesco non è un mostro, né uno psicopatico. Si è trattato di un dramma della solitudine che ha colpito, in maniera differente, i due fratelli».
La solitudine ha continuato a essere, infatti, il tratto caratteristico della scioccante vicenda, al punto che anche l’ultimo saluto ad Angelo Spreafico è stato avvolto nel silenzio, così come il resto della sua esistenza: lavorava a Sala al Barro, nella ditta Casartelli, fino alla pandemia, quando decise di licenziarsi. Non uscì più di casa, neppure per provvedere ai propri bisogni primari, e nessuno se ne diede pensiero salvo i vicini, di tanto in tanto insospettiti dalle finestre chiuse e dalle condizioni della palazzina e del piccolo giardino. A Galbiate, però, lo conoscevano in pochissimi: neanche il parroco, don Erasmo Rebecchi, peraltro in partenza tra pochi giorni per una nuova destinazione, a Brugherio. Eppure qualcuno, almeno tra gli ex compagni delle scuole medie, avrebbe voluto dire addio ad “Angelone”: sottovoce rievoca dispetti (oggi, si chiamerebbero bullismo) e discriminazioni, cui andava soggetto per il suo peso; amava il circo - aggiungono altri - e specialmente la leggendaria Moira Orfei; il papà, robusto anch’egli - rammenta qualcuno ancora - a quei tempi lavorava nello stabilimento “Carniti” di Oggiono,.
Per il sindaco, Pier Giovanni Montanelli, «Galbiate non deve passare per un paese dove regna l’indifferenza verso chi sta alla porta accanto». Per i consiglieri di minoranza Attilio Tentori e Reginella Riva, invece, «c’è, in questa vicenda, un rumore di fondo che tutti dovremmo ascoltare e interpretare, affinché possa spingere a riflettere, ripensare e allargare la “rete sociale”».
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