
Vercurago
Nel pianoro di Chiuso, tra Lecco e Vercurago, sotto la rocca, cinquemila anni fa c’era un santuario dell’Età del rame. Oggi a breve distanza c’è il santuario dedicato a San Girolamo Emiliani, meta dei pellegrini, ma già allora in questo stesso luogo potevano trovarsi sito santuariale, come lo definiscono gli archeologi.
È questa la suggestiva ipotesi che sta circolando tra gli addetti ai lavori dopo gli ultimi ritrovamenti in un sito indagato per la prima volta nel 1988 ma che poi, per mancanza di fondi, era stato abbandonato.
Sul finire del 2024, grazie a un accordo con i padri Somaschi, la Sopraintendenza ha fatto ripartire gli scavi e così il sito, che già allora si preannunciava come particolarmente interessante, non ha deluso le aspettative. Appena otto settimane di lavori, condotte su un quadrato di 10 metri per metri e una profondità di 50 centimetri, sono stati rinvenuti reperti di notevole importanza. «Quando abbiamo incominciato a lavorare - spiega Alice Sbriglio, archeologa responsabile della tutela territoriale per la provincia di Lecco - l’intenzione era effettuare uno scavo archeologico di ricerca che arrivasse fino al terreno sterile, primo di tracce di antropizzazione. Siamo scesi poco meno di 50 centimetri e abbiamo rinvenuto moltissime tracce che testimoniano come questo sito fosse abitato per un lunghissimo periodo di tempo».
I precedenti scavi avevano permesso di scoprire frammenti di ceramica ascrivibili tra la fine dell’Età del bronzo (tra il 2300 a.C. e il 950-800 a.C.) e l’inizio dell’Età del ferro (in Italia tra il 950 e 720 a.C.) «In quel periodo, molti centri abitati si spopolano. Qui a Chiuso, invece, gli insediamenti erano rimasti come testimoniato dai resti. Non pensavamo tuttavia di trovare tracce antecedenti». Invece, è stata fatta una scoperta importantissima. «La più sorprendente è il rinvenimento di un frammento di statua stele, di 70 centimetri per 70, alto una ventina». Si tratta di statue megalitiche antropomorfe tipiche dell’Età del rame (collocabile attorno al 3200 a.C).
«Di solito - prosegue Sbriglio - si trovano in Val Camonica e Valtellina nelle aree dei santuari. Questa è la prima in territorio lecchese. Anzi, è quella più a sud e più a ovest della Lombardia». Il frammento porta incisa una serie di U concentriche che fanno pensare si riferisca a una figura femminile. Quello della statua stele è solo la scoperta più importante. Gli archeologi hanno infatti rinvenuto anche piani scottati per l’accensione del fuoco, sassi stondati a forma sferica usati per macinare il grano e resti di strutture murarie. «Questo ci fa supporre che, magari in altra epoca, la zona fosse un’area per la produzione dei cibi». Per questo motivo, al più presto, probabilmente già questa primavera, gli scavi riprenderanno. «I lavoro da fare è ancora molto - conclude Sbriglio. - Solo quando avremo le idee più chiare potremo dire qualcosa di più sul sito. Certamente, quello che troveremo finirà in esposizione permanente».
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