Artista lecchese “ritocca” un autoritratto di Rembrandt del valore di 16 milioni di euro

L’opera provocatoria su una tela messa a disposizione da un collezionista indiano. Una performance degna di un’epoca dove realtà e finzione si confondono

Lecco

L’arte è provocazione. Talvolta anche oltre la realtà delle cose. È lecchese l’artista che ha compiuto uno dei gesti più discussi e provocatori. Si chiama Nicolò Tomaini, classe 1985, nato e cresciuto tra le sponde del Lario e già noto per le sue azioni artistiche che scuotono coscienze e convenzioni. Dopo aver sollevato clamore con le celebri sculture di Olindo e Rosa in piazza ad Erba – una denuncia senza sconti contro la società dello spettacolo – Tomaini firma ora un intervento che, senza dubbio, farà discutere.

Questa volta, al centro del suo attacco alle dinamiche della mediazione tecnologica e dell’apparenza c’è niente meno che un autentico autoritratto di Rembrandt, realizzato nel 1632 e battuto all’asta per la cifra record di 16 milioni di euro. Il dipinto è stato messo a disposizione del magnate indiano Arjun B. Singh, collezionista visionario che ha commissionato a Tomaini un intervento radicale: oscurare parte del volto del maestro olandese con l’icona universale del “caricamento” digitale.

«Questa è la mia ultima riflessione sull’immortalità nell’epoca digitale – ha dichiarato Tomaini –. Viviamo in una realtà sempre più filtrata, sospesa, simulata. Anche il volto di Rembrandt, simbolo della ricerca dell’interiorità, finisce per essere ridotto a una finestra che non si apre mai, bloccata nell’eterno caricamento della nostra epoca». Epoca dove il confine fra realtà e finzione è sempre più labile.

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