
Cronaca / Lecco città
Lunedì 29 Settembre 2025
Crollo sulla SS36, i geologi: «Non si investe in prevenzione»
Monica Papini, docente del Politecnico, e Francesco Calvetti denunciano la carenza di monitoraggio e investimenti strutturali sulla sicurezza del territorio. Ora le frane sono più frequenti, ma l’Italia è impreparata
Lecco
«In Italia si investe in emergenza, molto meno in prevenzione». Monica Papini non è per nulla sorpresa da quanto accaduto domenica pomeriggio, ovvero dal crollo dell’enorme masso sulla ferrovia e sulla statale 36 all’altezza di Abbadia.
«L’intera costiera lungo il lago – spiega la docente di geologia applicata del Politecnico – è pervasa da un sistema di fratture, cosa che comporta la presenza di blocchi di roccia in equilibrio precario. Quando si verificano precipitazioni intense come quelle degli ultimi giorni, l’acqua entra nelle fratture e inizia ad esercitare pressione. Alcuni blocchi si staccano e possono cadere».
La frana dell’altro giorno, del resto, è solo l’ultima di una serie di eventi simili verificatisi nella stessa area negli anni passati. «Prima – prosegue Papini – simili fenomeni avevano tempi di ritorno di decenni. Per via del cambiamento climatico in atto ora stanno diventando sempre più frequenti. Prevedere il punto e il momento esatto in cui una frana come quella di domenica può accadere in un’area così estesa è difficile. Tuttavia, esistono dei sistemi di monitoraggio nuovi e non invasivi sviluppati negli ultimi anni dagli esperti».
Monica Papini, peraltro, è presidente della Società Italiana di Geologia Applicata. «È in fase avanzata – sottolinea la docente – la sperimentazione di una nuova tecnica di monitoraggio basata sul rumore ambientale. Monitorare la costiera lungo il lago richiede un investimento importante vista l’estensione dell’area. Serve la volontà di investire».
Una questione, quella degli investimenti, che chiama in causa direttamente la politica. Nelle ore successive alla caduta del masso, sui social in molti si sono chiesti come mai, nell’ambito dei lavori di riqualificazione che quest’estate hanno interessato la linea ferroviaria tra Lecco e la Valtellina, non sia stata verificata la stabilità delle rocce su quel versante.
«Le nostre infrastrutture – osserva Francesco Calvetti, coordinatore del corso di Ingegneria Civile e Mitigazione del Rischio al Politecnico – sono vecchie e vanno tenute monitorate. C’è un’enorme quantità di lavoro da fare. In passato le infrastrutture non venivano progettate pensando alla loro resilienza. Il problema è che ora stanno cambiando le regole del gioco per via del cambiamento climatico. La cultura dell’ingegneria si sta evolvendo e anche nei nostri corsi cerchiamo di trattare questi temi in maniera sempre più aggiornata».
«Grazie anche ai fondi Pnrr – prosegue Calvetti – è in corso un grande sforzo a livello di ricerca per garantire la sicurezza delle infrastrutture, monitorarla nel tempo e stabilire delle priorità di intervento. Nel territorio italiano sono censite circa 600mila frane, quindi servono dei sistemi di monitoraggio, basati anche sull’intelligenza artificiale, in grado di dare delle indicazioni precise. Di contro c’è un problema di manodopera qualificata: la forza lavoro che il mondo produttivo ci richiede è molto più alta del numero di laureati in ingegneria civile che il sistema universitario riesce a produrre ogni anno».
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