Cronaca / Lecco città
Giovedì 13 Novembre 2025
In pensione sempre più tardi e più poveri
La spesa previdenziale supera il 16% del PIL e continua a crescere mentre i lavoratori diminuiscono. Ne abbiamo parlato con Luca Piccariello, direttore del Patronato Inca Cgil di Lecco
Lecco
In Italia le pensioni stanno diventando una questione di sostenibilità sociale, oltre che economica. La spesa previdenziale supera ormai il 16% del PIL, una delle quote più alte d’Europa, seconda solo alla Grecia. E, secondo le proiezioni ufficiali, continuerà a crescere.
Un sistema che non regge più il peso dell’invecchiamento demografico e del calo dei lavoratori. Nel 2024 l’INPS ha gestito circa 18 milioni di pensioni, che corrispondono a poco meno di 16 milioni di persone, perché molti pensionati ricevono più di un trattamento. Oltre il 75% delle prestazioni è di natura previdenziale. La spesa complessiva supera i 360 miliardi di euro.
Mentre i pensionati aumentano e si vive più a lungo, i contribuenti diminuiscono: per ogni due persone che escono dal mondo del lavoro ce ne sarà solo una pronta a entrarvi. E il meccanismo a ripartizione — per cui i contributi dei lavoratori attivi finanziano le pensioni correnti — scricchiola. Già oggi l’INPS deve integrare oltre 100 miliardi di euro l’anno con risorse della fiscalità generale.
Dietro le cifre, una realtà che tocca milioni di famiglie: l’Italia spende meno della media europea in sanità, scuola, ricerca e servizi per l’infanzia. Ma una voce, invece, continua a divorare risorse come nessun’altra: le pensioni, in testa tra le voci di spesa pubblica. E mentre l’età per il ritiro cresce, cresce anche la forbice tra generazioni. Il rischio, come osservano molti economisti, è un «Robin Hood al contrario»: un sistema che trasferisce risorse da chi ha di meno a chi ha di più.
Negli anni, le riforme hanno inseguito l’emergenza. Dalla Fornero in poi, l’età pensionabile è salita a 67 anni, con un automatismo legato all’aspettativa di vita. Dal 2027 diventerà 67 anni e 3 mesi, e nel 2029 addirittura 67 anni e 5 mesi. Le pensioni anticipate richiederanno oltre 43 anni di contributi. Intanto i coefficienti di calcolo sono stati ridotti, e i futuri assegni tagliati di conseguenza: un lavoratore con uno stipendio lordo di 30.000 euro l’anno può perdere fino a 12.500 euro nell’arco della vita pensionistica solo per effetto dei nuovi parametri.
«In Italia si va in pensione sempre più tardi e con assegni sempre più bassi — denuncia Luca Piccariello, direttore del Patronato Inca Cgil di Lecco —. Non è una fatalità: è il risultato di scelte politiche precise. Dopo quattro leggi di bilancio, non c’è ancora una riforma vera. Le pensioni sono diventate più lontane e più povere».
Piccariello parla di una «rimozione del tema dall’agenda politica»: il tavolo di confronto con le parti sociali è fermo da due anni, e le misure come Quota 100, 102 o 103 «hanno aiutato pochi e creato molta confusione».
E aggiunge: «Il contributivo avrebbe dovuto rendere il sistema sostenibile, ma con salari bassi e carriere discontinue ha prodotto pensioni da fame. Oggi rischiamo una rottura del patto tra generazioni».
La Cgil chiede una svolta strutturale: una vera flessibilità in uscita per i lavori gravosi e di cura; una pensione contributiva di garanzia per giovani e donne; la rivalutazione piena delle pensioni in essere; e lo stop all’automatismo dell’aspettativa di vita.
Prioritario, infine, il recupero delle risorse sottratte all’equità: «Serve combattere l’evasione fiscale e contributiva — spiega Piccariello —, perché ogni anno spariscono decine di miliardi che potrebbero garantire pensioni più giuste. Bisogna investire nel lavoro, nei salari e nella dignità delle persone».
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