In provincia di Lecco mancano 600 infermieri

Fabio Fedeli, presidente Opi Lecco, evidenzia la grave carenza di personale infermieristico nel territorio, complici i costi elevati della vita in Lombardia.

Lecco

Lecco resta sotto di almeno 600 infermieri, rispetto a un teorico fabbisogno. Ad affermarlo è Fabio Fedeli, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche (Opi). «Se volessimo pareggiarci con gli standard europei che contano oltre 8 infermieri ogni mille abitanti, ci mancano più di 600 iscritti. Oggi a Lecco siamo a 6,4 infermieri di media ogni mille abitanti, grazie ai 2.200 iscritti dell’Opi (Ordine professioni infermieristiche) di Lecco. Ma ci sono tanti infermieri che sono iscritti da noi e lavorano fuori provincia. Anche se la stessa cosa accade per altri infermieri iscritti ad altri Ordini ma poi lavorano da noi. Tutto sommato, però, il numero è assolutamente inferiore al bisogno».

Tra l’altro, per quanto riguarda il 2025, i nuovi iscritti neolaureati sono 22, in crescita rispetto ai 19 del 2024, gli stranieri iscritti all’Ordine di Lecco 11 e i cessati ben 38. Insomma, un bilancio sempre negativo, e non si vede risposta a un bisogno crescente e insoddisfatto. Il perché è presto detto: «Abbiamo sempre più bisogno di assistenza a livello territoriale, non solo negli ospedali che curano gli acuti, ma anche nelle strutture socio-sanitarie, nell’assistenza domiciliare e nell’assistenza alla cronicità». Sfuggono un po’ gli stranieri che stanno lavorando da noi in deroga: si può esercitare la professione infermieristica con il riconoscimento da parte del Ministero della Salute. Questi colleghi sono iscritti a dei registri regionali, ma non sappiamo quanti esercitano nelle varie province. Una criticità che abbiamo spesso segnalato, anche perché quando scadranno le deroghe sarà difficile avere una mappatura dei colleghi stranieri.

Intanto si parla di 200 infermieri uzbeki in Lombardia: «Sì, ma non sappiamo se verranno da noi. In Asst Lecco non penso, non ci è dato sapere. Non ci sono stranieri da noi che lavorano con deroga – spiega Fabio Fedeli –. Quasi sicuramente lavorano nelle Rsa e nelle strutture socio-sanitarie, ma non ne sappiamo nulla di certo. Alcuni altri colleghi che hanno lavorato in Unione europea hanno equiparato il titolo di studio e si stanno iscrivendo all’albo. Questa è un’ottima cosa perché c’è la certezza che il titolo straniero equivale al nostro. Inoltre devono sostenere un esame di lingua italiana che dà garanzie nel lavoro di équipe che è diventato il nostro e con i pazienti. Inoltre ci fa capire questa procedura che vogliono rimanere da noi per un certo tempo. Infine faranno formazione continua, come tutti noi italiani. L’adempimento degli obblighi va a tutela del cittadino, come quello di assicurazione per colpa grave, e di formazione Ecm oltre al rispetto del codice deontologico professionale».

Ma le cause di difficoltà nel reperimento di figure professionali infermieristiche sono sempre le stesse e non riguardano specificatamente Lecco ma tutta la Lombardia: «Trasferirsi in Lombardia, oggi, rispetto al resto d’Italia è difficile: i costi degli affitti, delle case, della spesa quotidiana, sono più alti che in altre parti d’Italia. Diversi colleghi che avevano iniziato a lavorare da noi, appena si è presentata l’occasione se ne sono tornati dove avevano casa, tenendo conto che il contratto collettivo è uguale in qualsiasi parte d’Italia si viva e si lavori... Io vivo a Lecco da sedici anni e mi sento radicato qui, quindi non ho mai ipotizzato di tornare in Sicilia, anche perché non ho più famigliari giù, il che non mi spinge a tornare. Economicamente mi converrebbe, verosimilmente, soprattutto per i costi degli affitti, e chi non è così radicato come me a Lecco, torna al Sud».

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