«Quel platano non è di Garibaldi, ma merita comunque un futuro migliore»

L’agronomo Giorgio Buizza: «Non ha le caratteristiche per essere un albero monumentale, ma va curato e preservato»

Lecco

Alcuni alberi presenti in città potrebbero ottenere il riconoscimento di “Alberi monumentali”? Forse. Non il “Platano di Garibaldi”, però. Giorgio Buizza agronomo che ha collaborato in passato con diverse amministrazioni si esprime a favore della salvaguardia del cosiddetto “Platano di Garibaldi” che però non sembra poter essere attribuibile all’”eroe dei due mondi”: «Probabilmente è frutto della fantasia e dello spirito libero dell’amico Peppo Rota scomparso da poco ingegnere del Comune di Lecco appassionato di storia locale e di verde. Ho trovato una vecchia immagine scattata all’inizio del ’900 (non datata) dove si intravvede la sagoma dell’albero riconoscibile per la sua posizione che presenta le dimensioni modeste tipiche della pianta giovane. In assenza di documentazione certa o di testimonianze dell’epoca sarei disposto ad accreditare al platano di Largo Europa un’età compresa tra i 110 e i 130 anni (Garibaldi è morto nel 1882 dopo alcuni anni di disabilità motoria) ma avrei piacere di essere smentito. Indipendentemente dall’età e dal riferimento al personaggio illustre resta il fatto che si tratta di un bellissimo albero che meriterebbe di essere trattato con maggiore attenzione e cautela di quanto fatto finora».

Rispetto alla monumentalità e all’iscrizione nel registro ufficiale nazionale però Buizza non esprime grande entusiasmo: «Non possiede le caratteristiche dimensionali minime per finire nel registro. Un albero diventa un “signor albero” non per decreto ministeriale ma perché i suoi cittadini lo hanno trattato e lo trattano bene e lo conservano in vista della soddisfazione delle generazioni future. Essere iscritto in elenco non è una garanzia di sopravvivenza».

E l’unico albero monumentale di Lecco iscritto nel registro è una Magnolia grandiflora ubicata nel giardino di Villa Gomez.

Buizza però fa notare che quel platano meriterebbe maggior considerazione: «Pavimentazione – asfalto pietre cordoli rendono inospitale (per l’albero) il sito; un progetto di una rotonda studiata per agevolare il traffico del lungolago e per consentire l’inversione di marcia da chi proviene dalla Rotonda di Via Leonardo e intende tornarvi per usufruire del parcheggio davanti alla Canottieri o al Ponte Kennedy significherebbe probabilmente togliere quell’impedimento ingombrante e pericoloso che si chiama “vecchio platano”. C’è un modo però per valorizzare già ora questo platano e concedergli qualche possibilità di sopravvivenza: “Togliere un po’ di manufatti alla sua base restituirgli un’oasi di terreno permeabile formare un’aiuoletta di verde non calpestabile attorno alla sua base in modo da poterlo sostenere con qualche irrigazione nei momenti critici e con qualche apporto di nutrienti che in più di cento anni sono probabilmente vicini all’esaurimento. Ma si tratta di rinunciare (questo è il vero problema) a uno stallo di parcheggio e alla realizzazione della rotonda nonché di organizzare diversamente il transito dei pedoni».

Come ha fatto a diventare così bello quel platano? Buizza risponde: «Il suo apparato radicale profondo “sente” la presenza dell’acqua del lago che tiene umida la sponda; nel corso degli ultimi decenni non è stato potato come tutti gli altri platani del lungolago e perciò ha potuto sviluppare una chioma ampia e “naturale”. I segni di passate potature sono evidenti: quando è stata allargata la strada (anni ’70?) si è dovuto intervenire sui rami più bassi che sono stati troncati in prossimità del fusto principale. I grossi tagli si sono trasformati col passare del tempo in cavità che peraltro il platano di sua iniziativa e senza apporto di tecnici né di imprese sta cercando di rimediare riducendo progressivamente le dimensioni dei buchi tuttora visibili che diventano sempre più piccoli contribuendo alla solidità della struttura».

© RIPRODUZIONE RISERVATA