Vaiolo delle scimmie: c’è un caso lecchese

Il giovane non è mai stato ospedalizzato e si sta curando a casa

Lecco

Un caso confermato di vaiolo delle scimmie, dei sei registrati in Lombardia a maggio 2025, è lecchese. Non ci sono ammissioni ufficiali, ma è sicuro. Nel senso che Asst Lecco e Ats Brianza non si pronunciano sul caso registrato nel territorio meratese, ma è chiaro che il caso c’è e non è grave.

Nel senso che il giovane (sotto i 36 anni), residente nel lecchese, non è mai stato ospedalizzato e sta guarendo tranquillamente al suo domicilio. Il riserbo, assoluto, è dovuto al fatto che le istituzioni intendono garantire al cento per cento la privacy del giovane senza dare alcuna indicazione in merito. Detto questo, è chiaro che il caso non desta preoccupazioni di sorta né per la salute di chi si è infettato né per i suoi famigliari o chi ne è venuto a contatto. Se è vero che chi è venuto in contatto con le comunità colpite (in centr’Africa o in repubblica democratica del Congo) o che vivono stabilmente in aree affette, ha un’alta probabilità di infezione da Mpxv clade I, tuttavia, l’impatto (gravità stimata della malattia) è ritenuto basso e il rischio complessivo moderato.

Per questo non è scattato nessun allarme particolare per la popolazione lecchese visto che il rischio complessivo è attualmente valutato basso come pure molto bassa è valutata la probabilità di infezione. Certo, ma non è questo il caso lecchese, nelle persone che hanno condizioni di immunocompromissione o che vivono con l’HIV e non sono in trattamento, l’impatto è valutato moderato e il rischio complessivo elevato. Ma come ci si fa ad accorgere di un’eventuale infezione da “vaiolo delle scimmie”? Si presenta con febbre, dolori muscolari, cefalea, rigonfiamento dei linfonodi, stanchezza e manifestazioni cutanee quali vescicole, pustole, piccole croste. La malattia generalmente si risolve spontaneamente in 2-4 settimane con adeguato riposo e senza terapie specifiche; possono venir somministrati degli antivirali quando necessario. Fino a questo momento la maggior parte dei casi ha avuto sintomi lievi con un decorso benigno. Il virus, poi, non si trasmette facilmente da persona a persona mediante contatti di breve durata e non ravvicinati. Il virus che causa mpox si trasmette principalmente attraverso contatti fisici stretti, come i rapporti sessuali, ma anche i contatti familiari.

E per contatti stretti si intendono il contatto diretto pelle a pelle con le lesioni cutanee infette; il contatto bocca a bocca o bocca-pelle (baci), faccia a faccia (anche parlando o respirando in modo ravvicinato per un lungo periodo) e il contatto con la saliva e le secrezioni delle vie respiratorie superiori in modo ravvicinato e prolungato. Nell’epidemia in corso, i dati finora disponibili e la natura delle lesioni in alcuni casi suggeriscono che la trasmissione possa essere avvenuta durante rapporti intimi. Ecco perché, tra l’altro, a oggi le indicazioni ministeriali non prevedono l’effettuazione di una campagna vaccinale estesa. Al momento è opportuno offrire la vaccinazione a tutti i contatti stretti (es. partner sessuali, familiari, ecc.) di tutti i casi positivi confermati, fermo restando la rapidità di diagnosi. Regione Lombardia ha provveduto a richiedere un quantitativo di trattamenti con Tecovirimat® (unico farmaco specifico per Mpox autorizzato) al Ministero della Salute.

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