Vaiolo delle scimmie, «niente allarmismi: la variante in Europa non è pericolosa»

Intervista a Paolo Bonfanti, primario di Malattie Infettive al San Gerardo di Monza e professore di Malattie Infettive a Milano Bicocca, per dieci anni al Manzoni di Lecco, predecessore del primario attuale Stefania Piconi

Lecco

Paolo Bonfanti, oltre a essere primario di Malattie Infettive al San Gerardo di Monza è professore di Malattie Infettive a Milano Bicocca. Lui, che è stato per dieci anni al Manzoni di Lecco, predecessore del primario attuale Stefania Piconi, è sempre molto legato a Lecco e per questo tranquillizza i suoi ex “concittadini”, pur essendo lui varesino. L’Mpox o “vaiolo delle scimmie” in realtà non c’entra niente con le scimmie. È stato chiamato così perché è stato scoperto su una scimmia ed è della stessa famiglia del vaiolo, scomparso dal 1979, una malattia estinta. Ma la forma attuale di Mpox non è, nella maggior parte dei casi, pericolosa. È fastidiosa e contagiosa. Ma non porta a esiti mortali. Anche se in Africa le cose stanno andando diversamente. Ma andiamo con ordine.

Professor Bonfanti, da dove si deve partire per parlare di “vaiolo delle scimmie”? «Il vaiolo delle scimmie ci aveva inizialmente un po’ spaventato perché, presente in Africa da fine anni ’70 (dello scorso secolo, n.d.r.) dava casi sporadici, ma molto gravi, che interessavano anche bambini (visto che era “trasportato” da alcuni animali come i roditori che più spesso erano a contatto con i bambini), e aveva una mortalità piuttosto elevata. Una malattia che è rimasta in Africa, nella Repubblica democratica del Congo, poi a un certo punto è accaduto quel che è successo nel 2022: ovvero che è arrivato in Europa senza legami apparenti con i viaggi in Africa di chi lo contraeva».

E ha cambiato eziologia. È diventata una malattia “diversa”? «Come tutti i virus muta. E questa malattia si è diffusa nel mondo con alcune caratteristiche “nuove”: non ha interessato più i bambini ma solo i maschi perché tende a diffondersi nel mondo omosessuale, direi quasi esclusivamente. Poi si trasmette per un contatto stretto rappresentato normalmente dai rapporti sessuali. Da allora, ovvero dal 2022, è scoppiata una vera e propria epidemia in Italia, in Europa e nel resto del mondo. Una pandemia potremmo dire. E come dopo ogni epidemia oggi questo virus è diventato abbastanza endemico, con casi però saltuari, e la malattia è diventata assimilabile a una malattia sessualmente trasmissibile».

C’è un vaccino? «Sì e deriva dal vecchio vaccino anti vaiolo. Però ci sono poche dosi e in Italia è proposto quasi solo a persone che sono a rischio di contrarla, con una elevata promiscuità sessuale. Il solo profilattico non è sufficiente, visto che Mpox, anche nella sua variante europea di questa malattia, si manifesta sempre con lesioni cutanee simili a quelle vecchie del vaiolo: le pustole. E spesso queste pustole sono in area genitale o attorno al cavo orale, cosa che non succedeva nell’originale malattia africana. C’è anche un antivirale di efficacia modesta mentre il vaccino, ripeto, lo si somministra solo a certe categorie di persone a rischio».

Le gocce di saliva bastano a trasmetterlo? «In teoria sì ma è molto improbabile una trasmissione del genere, tanto che chi l’ha avuto in Italia non l’ha praticamente mai trasmesso ai conviventi stretti, se non per via sessuale».

Se è cambiato una volta, può cambiare ancora? «Certo. Il virus cambia ed evolve. Per molti anni è stato in Africa, poi dal 2022 si è diffuso, ma in forma meno grave e senza che la malattia facesse troppi danni. La variante oggi in Europa non è pericolosa. Purtroppo ora c’è un nuovo tipo di virus più aggressivo che si sta diffondendo in Africa sia per via sessuale, sia per contatto, anche nei bambini. Ed è una forma più aggressiva. Ora è in corso soprattutto in Repubblica democratica del Congo e in Uganda, un’epidemia a contagio misto con una certa mortalità. Per cui l’Oms la sta monitorando attentamente».

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