
Cronaca / Oggiono e Brianza
Mercoledì 08 Ottobre 2025
Droga a fiumi nei boschi della Super: l’indagine scattata per una ferita
All’origine dell’operazione Mazzacavallo un tossicodipendente gambizzato dai pusher. Documentate le cessioni di oltre diecimila dosi
Nibionno
Diecimila dosi di droga vendute, per un giro d’affari stimato in oltre 300 mila euro. Nove custodie cautelari emesse dal tribunale di Lecco, di cui cinque eseguite, a carico di cittadini marocchini clandestini e con precedenti.
È il bilancio dell’operazione “Mazzacavallo” messa a segno dalla squadra mobile di Lecco lo scorso 2 ottobre, al termine di oltre un anno e mezzo di indagini.
Il risultato è l’avere sgominato due bande dedite allo spaccio di cocaina, eroina e hashish in Brianza, nei boschi lungo la Ss 36, nei territori di Costa Masnaga, Bulciago, Sirtori, Garbagnate Monastero e Nibionno.
Il procuratore capo della Repubblica Ezio Domenico Basso, il questore Stefania Marrazzo e il commissario capo Simona De Luca hanno raccontato che tutto è partito per caso quando, il 18 febbraio 2024, in ospedale a Lecco si presentò un marocchino ferito a una gamba. L’uomo, dopo avere confessato di essere un tossicodipendente, ha spiegato di essere stato ferito dai colpi esplosi da pistola modificata per sparare pallini e impugnata da un certo Lupo, durante una contrattazione per droga nei boschi di Garbagnate.
L’episodio viene subito preso in considerazione dalla polizia che inizia ad indagare. Nei mesi successivi vengono eseguiti appostamenti, servizi di osservazioni e controllo, scattate centinaia di fotografie. La questura scopre così che su quel territorio operano due bande. Quella di Lupo, appunto, 32 anni, marocchino, irregolare sul territorio italiano, già gravato da recidiva specifica reiterata infraquinquennale per reati specifici legati allo spaccio, a cui fa capo un gruppo, e quella di Mazzacavallo, dal nome della zona, cui fa capo un secondo gruppo.
Entrambi operano nei boschi lungo la Ss 36 e seguono le medesime modalità operative. Contatti telefonici telegrafici con i clienti, a cui viene dato appuntamento nel bosco o nei pressi della strada, dove lo spacciatore si presenta con la sola quantità concordata per uno scambio rapidissimo droga-denaro.
Dopo un anno e mezzo di attività investigativa, la polizia riesce così a ricostruire il giro d’affari della zona, quantificato in circa 300 mila euro.
Al termine delle indagini, grazie al meticoloso lavoro della squadra mobile, la procura ha quindi ottenuto dal giudice per le indagini preliminari 9 misure cautelari per altrettanti marocchini. Grazie all’aiuto del reparto prevenzione crimine, qualche giorno fa, è stato possibile eseguirne cinque. Tutti gli indagati sono infatti irregolari e di quattro si è persa traccia. Sono comunque tutt’ora in corso ulteriori indagini per individuare quelli sfuggiti alla cattura.
«Tutto questo lavoro per chiedere 9 misure cautelari?», si è chiesto con realismo il procuratore Ezio Domenico Basso, facendo un bilancio tra la fatica compiuta e i risultati ottenuti. «Sono segnali che dobbiamo dare. Ma questa, - ha concluso - posso assicurare che non è la prima e non sarà nemmeno l’ultima operazione del genere sul territorio lecchese».
L’identikit dei clienti
C’erano anche numerosi habitué tra i clienti delle due bande di spacciatori individuati dalla squadra mobile di Lecco. Tra loro anche persone piuttosto facoltose, considerato quanto speso per acquistare sostanze stupefacenti.
In sedici mesi, la polizia ha individuato oltre 35 persone, tra cui almeno un paio che facevano acquisti quotidiani se non addirittura più frequenti.
Un uomo, italiano, per esempio, tra la fine del 2023 e l’aprile 2025 ha acquistato ben 678 dosi. Un altro, con lo stesso vizio, si è fermato a 650 dosi.
Nei boschi lungo la Ss 36, i tossicodipendenti potevano trovare cocaina, eroina e hashish, ma non droghe sintetiche, con la prima ceduta a circa 80 euro al grammo.
I pusher, tutti marocchini, vivevano nei boschi, ma alcuni anche in un appartamento di fortuna. Le attività investigative hanno inoltre permesso di appurare come, in alcuni casi, gli stessi pusher fossero aiutati dai clienti con cibo e alloggio in cambio di dosi di droga.
Anche se i gruppi che operavano sul territorio erano due, alcuni dei pusher, tutti piuttosto giovani, con età dai 24 ai 36 anni, lavoravano sia per Lupo sia per Mazzacavallo.
Per evitare imputazioni gravi, tutti adottavano la stessa tecnica. Dopo essere stati contattati dal cliente, concordavano prezzo e luogo della consegna nel bosco o sul limitare dello stesso, presentandosi con la sola dose. Proprio per questo motivo, a differenza di quanto accaduto alcune settimane fa a Colico, i quantitativi di stupefacenti sequestrati durante l’operazione sono risultati modesti
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