
Cronaca / Valsassina
Lunedì 04 Agosto 2025
Escursionista colto da infarto al rifugio Riva, salvo grazie al rifugista
Colto da infarto al rifugio Riva, 66enne salvato con il Dae donato dalla mamma di Davide Invernizzi, giovane scomparso cinque anni fa. Fondamentale l’intervento del rifugista Giampiero Rozzoni e di un’escursionista che ha praticato il massaggio cardiaco
Primaluna
Salvato grazie a un Dae, defibrillatore semiautomatico esterno, donato dalla famiglia di Davide Invernizzi, il trentenne morto cinque anni fa in un incidente in moto nei pressi del rifugio Riva, all’Alpe Piattedo.
Proprio in quel rifugio tanto amato da Davide, il dispositivo donato da sua madre e la prontezza del rifugista Giampiero Rozzoni hanno salvato la vita a un abituale frequentatore del Riva: un uomo di 66 anni di Cabiate, cugino del parroco di Oggiono, don Maurizio Mottadelli, che nei prossimi giorni salirà al rifugio per celebrare la messa in ricordo di Davide e di tutti gli amici della montagna scomparsi negli anni.
Per un mezzo miracolo, l’escursionista – amico anche del rifugista – potrà con ogni probabilità partecipare alla celebrazione. Dall’ospedale fanno sapere che il 66enne resterà in prognosi riservata per 3-4 giorni, ma le sue condizioni sono incoraggianti.
Giampiero Rozzoni, figura decisiva di questa storia che ha avuto come teatro il rifugio a mille metri di altitudine nel comune di Primaluna, racconta: «Meno male che avevamo il Dae e che l’abbiamo usato bene – si schermisce il rifugista - eroe –. L’abbiamo salvato, e sono contento perché è anche un caro amico. È cugino di don Maurizio, che ogni anno viene qui a dire messa in memoria di Davide Invernizzi, morto cinque anni fa scendendo dal Pialleral. Sua madre ha voluto donarmi questo Dae, e ora ha salvato una vita».
Rozzoni racconta che stava per organizzare una colletta per acquistare il defibrillatore: «Lei, la mamma di Davide, è venuta a saperlo e mi ha detto: “No, no Giampi, te lo regalo io il Dae. I soldi che servivano per Davide speriamo che possano salvare qualche vita”. E così è successo. Da una parte i suoi genitori ci hanno donato il defibrillatore, e dall’altra noi siamo riusciti a usarlo. Perché sa, in quei momenti è dura: finché ci si esercita su un manichino sembra tutto semplice, ma quando hai davanti una persona che sai che sta per morire, tutto diventa più difficile. Invece, grazie anche a un’ospite che ha praticato il massaggio cardiaco mentre noi preparavamo il defibrillatore, nel momento in cui il massaggio non dava più esito e lui non respirava più, abbiamo acceso il Dae. Non abbiamo tentennato: lo abbiamo usato ed è stato decisivo».
Il rifugista aveva seguito un corso per l’utilizzo del Dae: «Altrimenti non avrei saputo neanche da che parte iniziare. Una piastra va messa sul petto, una sul fianco. E poi eravamo in collegamento con la centrale del 118, che ci guidava tramite il defibrillatore. Quando abbiamo visto che non respirava più, ho chiesto se potevo azionarlo. L’abbiamo fatto, e tutto è andato bene. Ecco, io non ho meriti. È andata bene e basta».
Il 66enne di Cabiate era arrivato in mattinata accusando un leggero malessere: «Non ho digerito la colazione», aveva detto a Rozzoni. Ma era l’incipit dell’infarto. Dal dolore al petto, sordo, come qualcosa che non vuole andare giù, fino all’arresto cardiaco è passato poco tempo. Ma per fortuna c’erano Giampi e Davide. E insieme hanno salvato una vita.
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