A Sondrio gli Stati generali della montagna: risposte per un territorio al bivio

Il presidente della Provincia di Sondrio, Davide Menegola, ha aperto i lavori auspicando una visione condivisa per il futuro della Valle. Cinque tavoli tematici e quindici relatori per affrontare le sfide demografiche e sociali del territorio montano. Un percorso per superare gli individualismi.

Sondrio

Preparare il domani della montagna con consapevolezza, unità e coraggio. Il coraggio di scegliere oltre l’individualità per il bene di chi verrà dopo di noi.

Sono state queste le parole con cui il presidente della Provincia di Sondrio, Davide Menegola, ha aperto questa mattina, nella sala consiliare di palazzo Muzio, la prima edizione degli Stati Generali della montagna. Un’iniziativa voluta per provare a delineare il futuro della Valle attraverso una visione condivisa partendo dall’analisi delle realtà che è diventata un manifesto politico.

La sala gremita, fatta di amministratori, istituzioni, imprese, sindacati, mondo della formazione e terzo settore, è stata il primo segnale concreto di quella «alleanza della speranza» evocata dal presidente. «Oggi non apriamo un’assemblea, mettiamo in moto un processo» ha detto Menegola ricordando che «la montagna vuole essere protagonista del proprio futuro, non semplice spettatrice».

La cornice è quella di un territorio che vive le stesse trasformazioni accelerate cui assiste tutto il mondo, ma che in una Valle alpina hanno un peso specifico ancora più importante. E dunque clima, demografia, servizi ed economia. «Un cambiamento che diventa sempre più incalzante e di cui dobbiamo prendere coscienza – ha detto Menegola –. Questa valle che ha dimostrato in tante occasioni di essere forte e resiliente non può pensare di reggere da sola».

L’appello all’unità non è stato retorico, ma corroborato da un forte senso politico. «La Provincia può contare su una straordinaria grande risorsa, un dialogo aperto, diretto e concreto con la Regione Lombardia – ha detto Menegola –, un capitale istituzionale sul quale altri territori non possono contare. Ma questo capitale funziona solo se siamo capaci di dargli il giusto valore insieme, non se ne abusiamo logorandolo per inseguire ciascuno il proprio frammento di interesse. Certo, ogni comunità ha le proprie priorità, ma il destino della nostra provincia è uno e uno solo: o cresce insieme o lentamente si indebolisce. Non siamo un arcipelago di comuni isolati, ma siamo un’unica valle, una valle alpina». E qui il presidente ha richiamato la suggestione del cardinal Zuppi, un invito molto potente. «Il cardinal Zuppi l’ha chiamata l’alleanza della speranza – ha ricordato –, ma non una speranza fragile, emotiva, piuttosto una speranza concreta che nasce quando una comunità sceglie di stringersi, di lavorare fattivamente, di guardare oltre le divisioni di individualismo. Un’alleanza che cresce quando si cammina insieme, quando si assume come bene comune ciò che è bene per chi verrà dopo di noi. Ecco, ciò che noi oggi siamo chiamati a fare è esattamente questo, una vera alleanza della speranza per la montagna, non un gesto simbolico, ma un percorso che parte da un principio semplice: che solidarietà e sussidiarietà non sono atti di generosità, quanto piuttosto le fondamenta del nostro futuro. Perché non è generosità quando un Comune aiuta un altro Comune: è lungimiranza. Non è generosità quando un’impresa investe sui giovani: è strategia. Non è generosità quando il volontariato sostiene le fragilità: è coesione e non è generosità quando un amministratore rinuncia a qualcosa per un progetto più grande. Si chiama visione».

Significa costruire uno sguardo nuovo per una montagna capace di attrarre e non solo di trattenere, di creare lavoro di qualità, servizi adeguati, formazione avanzata, mobilità possibile e paesaggio come valore. «Una montagna che non imita la città, ma fa della propria identità la sua forza». Menegola ha chiuso citando Aldo Moro: «Il domani non si vive per caso, il domani si prepara». Ed è questa l’ambizione: costruire oggi ciò che servirà a chi verrà dopo.

Cinque tavoli tematici e quindici relatori per una domanda di fondo: come garantire un futuro alla montagna? E se la risposta non è arrivata in formule definitive, ad essere messo a fuoco è però stato il metodo fatto di ascolto, conoscenza e decisioni condivise.

Quelle necessarie per affrontare i nodi strategici emersi con chiarezza dalle analisi fatte da tecnici ed esperti che dipingono il quadro di un territorio dalle mille potenzialità, ma fragile innanzitutto sotto l’aspetto demografico e sociale.

È stato proprio questo il primo tema affrontato con Sabrina Giudici (Provincia di Sondrio), Monica Anna Fumagalli (Ats della Montagna) e Giovanni Fosti (Cergas – Sda Bocconi). Fosti ha richiamato i dati più allarmanti: l’invecchiamento accelerato della popolazione, l’erosione delle reti familiari, l’aumento della cronicità e delle fragilità. «Non siamo più davanti a un’evoluzione graduale, ma a un mutamento strutturale», ha osservato, ricordando come il territorio montano sommi alle dinamiche nazionali i limiti della dispersione geografica. La domanda di servizi cresce, le risorse umane si assottigliano: «Senza priorità chiare, sarà il sistema stesso a scegliere, ma in modo implicito e spesso iniquo».

Altrettanto centrale il tema della mobilità, illustrato da Antonio Rodondi (Provincia), Massimo Lazzarini (Agenzia Tpl) e Marco Gosso di Ptsclas, la società che ha curato il Masterplan provinciale. Gosso ha messo al centro dell’attenzione l’effetto dell’“inverno demografico” che si traduce in meno persone, più anziani e più fragilità. «Una mobilità inefficiente può accelerare lo spopolamento, una mobilità intelligente può rallentarlo», ha spiegato. L’obiettivo è duplice: migliorare l’accessibilità per i residenti e rendere sostenibile il traffico turistico, preservando i centri abitati.

Sul fronte scuola, formazione e lavoro, le analisi di Tiziana Irma Rinaldi (Provincia), Imerio Chiappa (Ust) e Federica Origo (Università di Bergamo) hanno evidenziato le contraddizioni del sistema locale: livelli di istruzione mediamente buoni, ma tassi universitari più bassi, una minor liceizzazione e un mercato del lavoro segnato da stagionalità e forte componente femminile inattiva. «Il calo demografico - ha avvertito Origo - è già dentro le scuole: le prime classi di primaria hanno il 35% di bambini in meno rispetto all’infanzia. Questo significa che la sfida è già iniziata».

Il settore primario e quello agroalimentare sono stati analizzati da Gianluca Cristini (Provincia), Paolo Diana (Utr Lombardia) e Sonia Mancini (Fondazione Fojanini), che hanno insistito sulla necessità di innovazione, ricerca e integrazione delle filiere. Non solo tutela del paesaggio, ma capacità di valorizzare l’identità produttiva della valle.

In chiusura, sul sistema produttivo, Evaristo Pini (Provincia), Marco Bonat (Camera di commercio) e Fedele De Novellis (Ref Ricerche) hanno fotografato una provincia dinamica ma sottoposta a pressioni crescenti: produttività stagnante, difficoltà nel reperire competenze, imprese che necessitano di condizioni abilitanti - trasporti, formazione, digitalizzazione - per restare competitive.

Nella sessione pomeridiana, partendo dalla fotografia dell’oggi, si è provato a capire come e cosa. Se gli Stati generali vogliono essere - come ha detto il presidente della Provincia Davide Menegola - «meno un evento e più un metodo», allora questa prima edizione ha segnato l’avvio di un percorso che sfida il territorio a scegliere insieme, superando individualismi e campanilismi.

La fotografia emersa dagli interventi tecnici racconta un territorio che deve fare i conti con trasformazioni profonde. I dati demografici sono i più eloquenti: secondo le elaborazioni citate da Giovanni Fosti (Cergas - Sda Bocconi), la provincia si avvia verso un invecchiamento più rapido rispetto alla media regionale. Gli over 65 crescono in modo costante, mentre le fasce giovanili si riducono. Nelle scuole dell’infanzia il numero dei bambini è oltre il 35% inferiore rispetto al primo anno della primaria: un segnale che anticipa ciò che accadrà nei prossimi dieci anni.

Anche il welfare è sotto pressione. Più della metà degli over 65 convive con almeno tre patologie croniche e solo il 39% degli anziani non autosufficienti riceve servizi pubblici. Le famiglie sopperiscono con il lavoro privato di cura: in Italia ci sono oltre un milione di assistenti familiari, per una spesa annua di 7,2 miliardi.

Sul fronte della mobilità, il Masterplan provinciale segnala che nei prossimi dieci anni la domanda complessiva di spostamenti potrebbe ridursi del 10%, con un calo stimato di 10 milioni di viaggi l’anno. Un dato che impone una riorganizzazione profonda del trasporto pubblico, soprattutto nelle aree meno densamente abitate.

Il mercato del lavoro presenta una forte stagionalità e tassi di inattività femminile sono ancora elevati. Il tasso di occupazione è al 63,5%, sotto la media lombarda e l’economia rischia di pagare il prezzo più alto dell’inverno demografico: secondo le stime presentate, entro dieci anni la popolazione produttiva potrebbe ridursi di 13mila persone, con una perdita di valore aggiunto vicina al miliardo di euro.

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