Donna aggredita: «Troppi richiedenti asilo in un solo luogo»

Don Augusto Bormolini (Caritas): «Impossibile gestire tante persone e il rispetto delle regole». Gli investigatori intanto cercano di meglio definire i gradi di responsabilità dell’accusato: violenza, ma non stupro

Colorina

Le ipotesi di reato formulate nei confronti di K.M., 24 anni, del Mali, fino alla sera del 6 ottobre ospite del Centro di assistenza straordinaria di Colorina, sono quelle di violenza sessuale, lesioni gravissime e rapina per l’aggressione alla 44enne nel parcheggio di via Morbegno e finita subito dopo in Rianimazione. Nel capo d’imputazione non si parla di stupro.

La violenza sessuale nella sua forma più grave, al momento, non è contestata, ma si parla, comunque, di un’aggressione molto violenta che ha provocato lesioni gravi alla vittima. Ritrovata da alcuni passanti, riversa a terra, nel sangue, con, fra l’altro, anche una profonda ferita al lobo di un’orecchio causata dallo strappo violento di un orecchino durante la rapina.

Barcollante

Una volta sul posto, il personale sanitario del soccorso ha visto un giovane, barcollante, avviarsi verso la zona dell’Iperal, di via Vanoni, e lo ha subito indicato alle forze di Polizia, precipitatesi sul luogo della violenza.

Gli agenti lo hanno raggiunto, hanno visto che era sporco di sangue, lo hanno fermato e trovato in possesso del portafogli della donna con i soldi e i documenti. E lo hanno tradotto in carcere a Sondrio, per poi spostarlo in altra struttura del milanese dove ha cambiato avvocato.

Sicuramente importante sarà ora per l’avvocato di fiducia della donna, Giuseppe Romualdi, conoscere la versione della sua cliente, e che incontrerà lunedì pomeriggio. E per tutta la città sarà importante capire come si siano svolti i fatti e si sia potuti arrivare a tanto in una realtà, cambiata, sì, ma non si temeva fino a questo punto.

«Quanto accaduto è molto grave e su questo non si discute - dice don Augusto Bormolini, parroco di Tresivio e referente della Caritas diocesana in provincia di Sondrio - , ma vorrei invitare a non fare proprio di tutta l’erba un fascio. Perché non tutte le persone che accogliamo nelle nostre comunità sono così. Assolutamente. Noi, come cooperativa “Altra via”, che fa capo alla Caritas, abbiamo una novantina di ospiti nei nostri 12 centri sparsi in provincia di Sondrio e, in 10 anni di attività, grossi problemi non li abbiamo mai avuti. È dura, è difficile, occorre avere delle regole e farle rispettare, però abbiamo anche dei begli esempi di integrazione riuscita. Quello che non condividiamo, però, anche in questo caso, è la concentrazione di un gran numero di richiedenti asilo nei centri di accoglienza. A Colorina, un piccolo paese, ce ne sono 70 dentro la stessa struttura. Come si fa a gestire tutte queste persone insieme, a garantire il rispetto delle regole, a controllare che siano tutti rientrati la sera? Io non so come si comportino a Colorina, ma per tutti sarebbe difficile gestire questi numeri. Abbiamo centri in tutta la provincia, con 5-6 persone per centro e il massimo dell’assembramento è su Ardenno, dove ne abbiamo 15, ma abbiamo introdotto l’operatore anche di notte che controlla entrate e uscite».

Cambiare

Secondo don Augusto, sono poi anche le regole stesse dell’accoglienza che dovrebbero cambiare. «A me non sembra che si voglia fare vera integrazione nel nostro Paese - dice - . Perché se lo si volesse non si lascerebbe nel limbo per mesi i richiedenti asilo, bloccati in tutti i sensi in attesa dei documenti di regolarizzazione. Noi abbiamo avuto e abbiamo ospiti svegli, motivati, che vogliono imparare l’italiano e che entrano nel mercato del lavoro locale, nella ristorazione, in vigna. Poi ci sono persone difficili, non scolarizzate alla fonte, con cui si fa molta fatica, però, se succedono brutte cose, come a Sondrio, al di là delle responsabilità personali, c’entra anche una gestione degli immigrati inadeguata, non funzionale a una vera integrazione».

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