Faccianuvola live questa sera a Piateda con il suo primo album

Alessandro Feruda, in arte Faccianuvola, classe 2001 originario di Buglio in Monte, stasera sul palco del Rock and Rodes con “Il dolce ricordo della nostra disperata gioventù”, progetto che l’ha portato fino alla Columbia Records

Piateda

Anche lui ha “due occhi giganti che luccicano” quando ti guarda e questa sera si potrà vederli sul palco del Rock and Rodes a Piateda dove porterà “Portami a ballare in primavera” e l’intero album “Il dolce ricordo della nostra disperata gioventù” in un live audio- video. Lui è Faccianuvola , ma soprattutto è Alessandro Feruda, 23 anni compiuti il 16 giugno, che da Buglio Monte ha spiccato il volo per diventare uno dei cantanti, autori e produttori sui quali in tanti stanno mettendo gli occhi addosso ( a proposito di occhi) vista l’indubbia originalità del suo progetto artistico elettronico dove trattiene il timbro cristallino dell’infanzia, la delicatezza quando parla d’amore, ma anche la semplicità feroce di un tema universale come quello del trascorrere del tempo. Etereo, alieno, ispirato, gentile, ma potente dal vivo che è la sua dimensione naturale. Aspetti che non sono sfuggiti a quella che è ormai la sua etichetta, la Columbia Records.

Alessandro ha radici ben piantate in un terreno, quello della musica, che studia da quando aveva cinque anni con la propedeutica di pianoforte, poi il sax , le tastiere. Di strada dalla Bassa Valle ne ha macinata parecchia ed è destinato a grandi cose ( una grossa, pare, sia in cantiere per il prossimo anno). «Mi raccontano che a casa c’erano delle tastiere elettroniche giocattolo e ne ero molto attratto. I miei genitori hanno avuto occhio a lasciarmi capire sin da piccolo se con la musica poteva funzionare. Sono stati lungimiranti anche perché la mia non è una famiglia di musicisti , anche se mio papà suona la tromba nella banda di Buglio. Non sono n nato esattamente fra gli strumenti musicali o gli studi di registrazione». Ma ci sei arrivato . «Dopo avere provato a frequentare Fisica all’Università, ho studiato tecnica del suono a Milano con l’idea di fare il fonico nella vita. Nell’estate del 2022 ho messo il mio primo Ep in re rete, da lì fra passaparola e colpi di fortuna il mio lavoro è arrivato alla Universal che tuttora è il mio editore grazie a Zef, cioè Stefano Tognini, produttore anche lui valtellinese» .

La primissima proposta di contratto editoriale è a luglio del 2023 , un contratto da autore per altri, per via di quel talento melodico singolare di Alessandro. «Nello stesso periodo però pubblico da indipendente” Sei bella, sei bella” che inaspettatamente mi ha aperto l’orizzonte più di quanto potessi prevedere e passo ai primi concerti fuori dalla Valtellina. Nel frattempo avevo messo insieme alcuni demo che sono diventate 10 canzoni, aspettavano solamente di essere pubblicate: i ragazzi di Columbia si sono interessati al progetto e hanno deciso di farmi iniziare un percorso d’artista, con loro ho firmato a gennaio del 2024».

Insomma il passaggio dalla classica ( gli studi con il maestro Davide Mainetti) all’elettronica ha portato bene. «La musica elettronica è arrivata casualmente, scoprendo i suoni nei software. Poi ho capito che dietro c’era tutto un mondo, è un genere gigantesco di cui mi sono innamorato, con una storia centenaria che si aggancia pure alla musica classica, una storia di grande sperimentazione, tecnologia e innovazione». Intanto il ruolo di autore è stato accantonato , ma ci sono novità in corso. «Mi voglio sperimentare anche in questo per staccarmi da quello che ho già fatto. Ci sono varie opportunità in vista». Poi c’è il nuovo album: «Lo sto pensando con molta calma, mi piacerebbe comunque fare qualcosa di diverso, mi piace la discontinuità. Per il momento sono sicuro saranno canzoni senza autotune che non parlano d’amore e mi piacerebbe fare un tour con una band invece che in solo». A Piateda ascolteremo “Il dolce ricordo della nostra disperata gioventù”.

«Che non è un concept album come lo si intendeva negli anni ’60, però nel processo di scrittura, che è sempre molto misterioso, notavo che i testi si legavamo al tema della gioventù, intesa come adolescenza. Il titolo l’ho rubato spudoratamente alla mia scrittrice preferita Fleur Jaeggy e al suo I beati anni del castigo dove in un passaggio parla di un’adolescenza idilliaca e disperata. Ho fatto una sorta di tentativo di salvare i ricordi di quel periodo, li ho fissati in un’ultima fotografia». Che ragazzino sei stato? «Sono stato tante cose, ero abbastanza timido e molto diverso da come sono ora, a proposito di foto quando riguardo le mie faccio fatica a ricordarmi com’ero allora». Ma i legami restano, dolci e disperati, come la gioventù.

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