«Le offerte di lavoro
vanno migliorate

Il dibattito Davide Fumagalli (Cisl): «Aprire un confronto con gli imprenditori su orari, turni e retribuzione

Partire da un’analisi seria e strutturata dei numeri del mondo del lavoro provinciale, tra offerta e ricerca, per programmare scuola e formazione e poi provare a ribaltare la prospettiva non gettando la croce addosso ai giovani, ma cercando di capire cosa fare per rendere appetibili anche quegli impieghi per i quali non si trova personale. Magari cominciando da politiche retributive, di welfare e di organizzazione dei tempi.

Punto di inizio

Propone un approccio che parte dai dati di realtà Davide Fumagalli, segretario provinciale della Cisl, nell’affrontare il tema degli addetti ai servizi alberghieri e di ristorazione che non si trovano.

Un dibattito acceso, aperto dal grido di allarme degli addetti ai lavori e raccolto da chi, a vario titolo, si occupa di formazione, come il direttore del Pfp di Sondrio Evaristo Pini ed occupazione come appunto il sindacato.

Fumagalli parte da una premessa importante che è quella della conoscenza. «Credo che in generale - dice - avremmo bisogno di accelerare e strutturare l’osservatorio del mercato del lavoro dei centri per l’impiego. Un processo che abbiamo iniziato da qualche mese e che è necessario tanto quanto capire dove vogliamo andare da un punto di vista occupazionale in provincia perché senza diventa interessante lo scambio di opinioni, ma complicato programmare. E noi abbiamo bisogno di pianificare i percorsi scolastici e anche la riqualificazione di chi, come ha suggerito Pini, è stato espulso dal mondo del lavoro. Ma per capire in quale direzione andare, su quali campi specifici puntare bisogna avere i dati». Anche perché se è vero che a soffrire per la mancanza di personale sono le attività legate al turismo e alla ristorazione, è altrettanto vero che ci sono altri settori che vivono le stesse difficoltà - dall’edilizia al trasporto passando per la sanità - e che richiedono, tra l’altro, figure professionali specializzate.

«E’ quindi il caso di ragionare sui dati - insiste Fumagalli -: quali sono oggi i posti di lavoro disponibili e in quali settori. E da qui riflettere su come calibrare i percorsi scolastici e formativi e capire se materialmente ci sono abbastanza persone sul nostro territorio per soddisfare le richieste. Perché c’è anche una questione demografica da tenere in considerazione. Negli ultimi vent’anni i giovani fino a 34 anni sono diminuiti di più di 10mila unità, passando da 37mila a 27mila. E questo è un altro tema da cui non si può prescindere».

A questo proposito Fumagalli cita il dato degli avviamenti nel commercio e nei servizi: il 18% del totale è rappresentato da stranieri. «Senza contare - aggiunge il sindacalista - il personale proveniente da altre parti d’Italia. C’è già una necessità forte di importare addetti ai lavori. Per questo l’analisi è fondamentale». A maggior ragione secondo Fumagalli quando si parla di posti di lavoro così particolari come quelli stagionali legati al turismo.

Da questo punto di vista il segretario della Cisl non accetta la retorica dei giovani scansafatiche che rifiuterebbero il lavoro perché non hanno voglia di impegnarsi. «Credo che il ragionamento debba essere ribaltato - sostiene Fumagalli -: non è che la gente deve andare a lavorare in determinati settori perché c’è bisogno, ma bisognerebbe rendere quei settori appetibili per la realizzazione personale e con questo renderli interessanti. Così è un’altra cosa».

Fumagalli suggerisce di aprire un confronto con le associazioni imprenditoriali perché ai giovani lavoratori possa essere offerto qualcosa in più a partire da un welfare di settore - «che oggi viene particolarmente apprezzato» -, passando per politiche retributive e arrivando fino all’organizzazione degli orari «perché è vero, come sostiene Pini, che i ragazzi hanno una mentalità diversa e la qualità della loro vita passa per il tempo libero. Io non credo che sia impossibile conciliare le due cose. Senza contare, e lo dicono le statistiche, che si tratta di un settore in cui la media retributiva è più bassa. E anche in questo caso bisogna porsi delle domande. Altri Paesi europei hanno equiparato il settore alla manifattura: orari e turni certi che aiutano nella conciliazione con la propria vita extra lavorativa».

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