
Cronaca / Sondrio e cintura
Martedì 14 Ottobre 2025
Melavì: giovedì in aula per il concordato
Intanto, cresce la preoccupazione per la gestione delle reti antigrandine sui terreni in affitto: nessuno ha raccolto le mele e si teme che le strutture possano crollare con la neve. I proprietari chiedono certezze
Ponte in Valtellina
Dopodomani si terrà l’udienza cardine in Tribunale a Sondrio sull’omologa del piano di concordato semplificato per la cessazione di attività della cooperativa Melavì di Ponte in Valtellina, la cui approvazione è stata contestata da una cinquantina di soci della medesima, oltre che da altri creditori. Già questo rappresenta un argomento rilevante di per sé, al quale si aggiungono tuttavia ulteriori elementi di peso.
Uno, in particolare, è emerso negli ultimi giorni ed è legato alla gestione delle reti antigrandine installate dalla cooperativa sugli appezzamenti di terreno in conduzione. Non si tratta di terreni di proprietà, ma di fondi affittati da anni da privati che spesso non si sono mai occupati direttamente di questo tipo di coltura e che, ora, non saprebbero come gestirli. Una parte di questi fondi, è vero, è stata affidata a terzi, a produttori subentrati nella gestione degli appezzamenti per garantire il raccolto dell’ultima stagione ed evitare che i coltivi andassero completamente a ramengo. Ma ci sono anche terreni che nessuno sta coltivando.
«A Ponte in Valtellina si stimano in 20 gli ettari incolti, metà dei quali di proprietà di persone che non fanno gli agricoltori e non saprebbero cosa fare dei coltivi – dicono i produttori storici –. Spesso si tratta di terreni con più proprietari, difficili da gestire anche solo per questo motivo e, oltretutto, coltivati a rockit, una varietà di mela che si fatica a piazzare sul mercato. Il problema è che su questi appezzamenti la cooperativa, ad aprile, ha tirato le reti antigrandine, come ogni anno, per proteggere le piante, pur sapendo che non avrebbe potuto proseguire con le coltivazioni a causa dei dissesti societari in corso. Il risultato è che nessuno ha raccolto queste mele, ancora oggi sugli alberi, e non si sa cosa ne sarà delle reti. Chi le toglierà? Melavì stessa? Oppure i proprietari, che non sanno come fare e dovrebbero spendere parecchi soldi per occuparsene?»
Togliere queste reti, per quanto si è potuto apprendere, è un’operazione complessa e costosa.
«Richiede almeno due giornate di lavoro per ettaro – spiegano i produttori – e occorre personale specializzato, dotato degli strumenti adatti. Servono almeno due persone per ettaro, attrezzate per questo tipo di intervento. E, oltre al costo, non è semplice trovarle, perché sono già impegnate su altri appezzamenti. Il timore è che le reti restino dove sono, tirate come in primavera, con il rischio di sprofondare sotto la prima nevicata. Vanno richiuse, infatti, perché non sopportano il peso della neve: verrebbero sfondate, piombando con pali e tutto sulle piante da frutto, un disastro per i coltivi che andrebbe assolutamente evitato. Per questo si spera ancora che se ne occupi Melavì, come riportato in chiusura della lettera inviata ai proprietari il 30 maggio scorso».
Nella lettera si precisa infatti che: «Relativamente ad eventuali fondi rimasti inoptati (senza conduttore), la cooperativa – si legge – si riserva la facoltà di proseguire nel possesso almeno sino al termine della stagione in corso e quindi rimuovere a propria cura e spese tutte le aggiunte e migliorie apportate e/o rendere ai proprietari i fondi nello stato in cui si trovano, anche in conseguenza del tipo di procedura cui sarà ammessa la cooperativa», ossia se semplificata o giudiziale.
Da quanto scritto, sembra dunque che la cooperativa intenda occuparsi anche di questi aspetti. Ma il fatto che si parli di una “facoltà” e non di un impegno certo preoccupa i proprietari dei fondi.
Abbiamo girato la questione ai vertici di Melavì, per i quali, del resto, questi sono mesi complicatissimi. Sul punto specifico, però, non abbiamo ancora ricevuto risposta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA