Milano - Sondrio: il rientro da incubo di un pendolare

«Pur amando la mia valle, per un attimo ho capito chi sceglie di andarsene o rinuncia a tornare regolarmente a casa». Un racconto che riflette i limiti cronici delle infrastrutture di collegamento con la Valtellina

Sondrio

Il treno, poi il pullman. Poi ancora il treno, poi ancora il pullman. E per finire un altro treno. Cambiare cinque mezzi per andare da Milano a Sondrio? Sembra incredibile, ma così è stato. Con il risultato che per percorrere i 140 chilometri che separano il capoluogo di regione dalla Valtellina alla fine è servito più tempo rispetto al viaggio da Roma Termini alla stazione Centrale. Peccato che in quest’ultimo caso la distanza è più che triplicata: si parla, infatti, di circa 480 km.

Per chi scrive, quello di martedì sera è stato un rientro da incubo a casa, andato ben oltre ogni possibile immaginazione. E no, la colpa non è dell’alta velocità (che pure due giorni fa ha fatto registrare ritardi da urlo per un guasto a un treno sulla linea Firenze-Bologna): il Frecciarossa su cui ho viaggiato, partito regolarmente da Roma alle 15.20, è arrivato a destinazione in perfetto orario, alle 18.30.

È a quel punto che è iniziato un vero e proprio calvario. Un tour de force durato quasi tre ore e mezza. Oppure direttamente più di quattro, se si considera il tempo di attesa in stazione Centrale per il treno diretto a Lecco.

Pur consapevole del disagio legato alla chiusura di un tratto della ferrovia, mai avrei potuto immaginare di avere a che fare con una situazione così complessa, a tratti pure confusa, di sicuro snervante e anche desolante. Tutto bene, come detto, il viaggio da Roma Termini a Milano: il mio treno non fa registrare alcun ritardo, a differenza di altri convogli dell’alta velocità - soprattutto quelli diretti al Sud - che sono giunti a destinazione anche 90 minuti dopo il previsto. Il timore iniziale di perdere la coincidenza con il treno delle 19.20 diretto a Lecco, dunque, svanisce quando siamo alle porte della Lombardia.

Molto bene anche la partenza da Milano con il treno regionale, che inizia a circolare in perfetto orario. Arriviamo a Lecco e qui parte la corsa verso il piazzale della stazione per salire a bordo dell’autobus sostitutivo: sono le 20 quando carico il mio bagaglio, pronto per raggiungere Mandello del Lario e, finalmente, salire sull’ultimo treno in direzione casa. Sono anche fortunato - dico tra me e me - perché il mezzo si riempie in fretta, così da partire nel giro di pochi minuti.

Il viaggio è breve: in poco più di un quarto d’ora arriviamo a destinazione in quello che è, a tutti gli effetti, un cantiere a cielo aperto. Poco importa, anche perché ci pensano gli alpini ad addolcire la situazione, servendo tè caldo ai viaggiatori: un gesto davvero gentile, anche perché alle 19.20 la temperatura inizia a farsi più fresca.

Qui, però, iniziano le disavventure. «Treno per Sondrio? Salite pure al binario 1», viene detto ai passeggeri. E così la fiumana sale le scale e arriva, appunto, al binario 1, salvo poi constatare la presenza del convoglio al binario 2. Penso a quella signora con le stampelle che, per timore di perdere il treno, a fatica scende e percorre un’altra rampa di scale.

Al binario 2 c’è effettivamente il treno, ma è un locale per Colico che fa tutte le fermate. Il diretto delle 20.12, infatti, è già partito da alcuni minuti, senza attendere la coincidenza con il bus. Non si sa con chi (vorrei sapere, effettivamente, quanti mandellaschi viaggiano verso Sondrio a tarda sera...), ma è partito.

Scelgo allora di salire sul regionale in partenza di lì a poco: un modo - questo - per avvicinarmi sempre più a Sondrio. Mal che vada - mi dico - chiamerò qualcuno che venga a prendermi. «A Colico - dice il capotreno, davvero gentile e disponibile - troverete un bus che sicuramente arriverà a Morbegno. E forse anche a Sondrio».

Confido nella seconda, e così effettivamente è. Soltanto quando arriviamo nella città del Bitto, però, mi rendo conto che il pullman farà tutte le fermate intermedie fino in città e che per ripartire deve attendere l’arrivo del diretto delle 21.12 da Mandello, peraltro partito in ritardo di 25 minuti.

Per evitare di sorbirmi le soste lungo il tragitto, decido di raggiungere il binario 1 della stazione di Morbegno per prendere il RegioExpress 2840 (per inciso, il quinto mezzo del mio viaggio da Milano): arriva alle 22.21, giungiamo a Sondrio alle 22.38. Ossia a tre ore e 18 minuti dalla partenza da Centrale.

Un delirio? Sì, davvero. E lo dico non solo da giornalista che quotidianamente monitora la situazione ferroviaria in provincia. Ancora prima lo dico da studente ventitreenne: pur amando il luogo in cui sono nato e in cui vivo, per un attimo ho capito i miei coetanei che fuggono dalla Valle o, comunque, rinunciano a tornare a casa regolarmente a causa di un’infrastruttura - ferroviaria e stradale, il discorso poco cambia - decisamente problematica.

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