Sondrio: chiude il panificio Valtellina

Lo storico forno di via allo Stadio ha abbassato la serranda

Sondrio

La crisi del commercio, stretto tra l’avanzata degli acquisti online, il calo del potere d’acquisto dei clienti e i costi fissi sempre più pesanti – a cominciare dagli affitti – continua a lasciare segni profondi. Alle tante vetrine vuote del capoluogo e alle chiusure di negozi storici, dalla Libreria Bissoni ai bar del centro, si aggiunge ora l’addio (nel migliore dei casi, un arrivederci) di un altro punto di riferimento: il panificio Valtellina di via dello Stadio.

L’attività ha abbassato le saracinesche senza preavviso, interrompendo la produzione da un giorno all’altro e provocando così profondo sgomento in tutti coloro che vi si servivano direttamente, ma anche tra chi acquistava i loro prodotti negli altri negozi di alimentari in cui venivano distribuiti.

Nessun preavviso e nessuna spiegazione. Da lunedì il forno non ha più prodotto pane. Sulle vetrine è semplicemente apparso un cartello che annuncia una non meglio precisata chiusura. Quali che siano le ragioni - difficoltà economiche o motivi personali - la notizia ha colpito residenti e clienti abituali, molti dei quali anziani, per i quali il forno rappresentava un servizio essenziale, difficile da sostituire con punti vendita più lontani. «Speriamo sia solo una pausa, sarebbe un vero peccato», commentano con amarezza alcuni clienti storici.

La chiusura del panificio è l’ultima di una serie in città attraversata da una crisi che non può più essere indicata come emergenza, ma che è diventata a tutti gli effetti strutturale. Un fenomeno che attraversa tutta la nazione, ma i cui effetti in città, anche da un punto di vista meramente “estetico” sono preoccupanti.

Le saracinesche abbassate raccontano molto più delle parole. Dicono di imprenditori travolti dal crollo dei consumi, ma anche di affitti insostenibili, piuttosto che di un centro che non attira più come un tempo, a causa anche dei grandi centri commerciali e del proliferare dell’e-commerce, e di un tessuto sociale che lentamente si sfalda. «Ogni negozio che chiude – ha sottolineato con chiarezza anche la presidente dell’Unione commercio Loretta Credaro - non è solo un’attività che scompare, ma un pezzo di città che se ne va».

Per un capoluogo che ambisce a diventare polo turistico e punto di riferimento per il territorio, la situazione rischia di diventare insostenibile. Vie spente e servizi ridotti complicano l’attrattività per nuovi residenti e villeggianti, ma anche la vita quotidiana di una popolazione che invecchia. Incentivi per i nuovi e i giovani, bandi per riaprire attività in strutture pubbliche a prezzi calmierati e magari anche aumenti delle tasse sugli immobili per chi non applica affitti concordati potrebbero essere gli strumenti da mettere in campo per provare a invertire la rotta, attraverso quella collaborazione tra istituzioni, enti locali e privati auspicata innanzitutto da Confcommercio.

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