Sondrio come il sud: più pensionati che lavoratori

Nel 2024, in Valtellina sono state erogate 75.555 pensioni a fronte di 72.762 occupati, con un saldo negativo di 2.793 unità

Sondrio

Sondrio come il Sud d’Italia: più pensioni che lavoratori. L’ultima analisi dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre evidenzia la trasformazione demografica e sociale in atto sul territorio valtellinese, dove l’invecchiamento della popolazione è più marcato che altrove e il numero dei pensionati ha ormai superato quello dei lavoratori attivi. Nel 2024, in Valtellina sono state erogate 75.555 pensioni a fronte di 72.762 occupati, con un saldo negativo di 2.793 unità. Un dato che inserisce Sondrio tra le poche province del Nord Italia dove gli assegni previdenziali superano le buste paga, una condizione che fino a pochi anni fa sembrava impensabile in una delle regioni più produttive del Paese. La regione con il disallineamento più marcato è la Puglia che registra un saldo negativo di 231.700 unità.

A eccezione della Liguria, dell’Umbria e dalle Marche, invece, le regioni del Centro-Nord mantengono un saldo positivo che si è rafforzato, grazie al buon andamento dell’occupazione avvenuto negli ultimi anni. Dalla differenza tra i contribuenti attivi (lavoratori) e gli assegni erogati ai pensionati, spicca, sempre nel 2024, il risultato della Lombardia (+803.180), del Veneto (+395.338), del Lazio (+377.868), dell’Emilia Romagna (+227.710) e della Toscana (+184.266). La Valtellina va dunque in controtendenza rispetto al resto della regione: tutte le altre province presentano un saldo positivo. Tra quelle più vicine Lecco segna un +5.692, Como +34.050 e Bergamo +89.655. Le migliori tre in Italia sono Milano con +387.729, Roma con +373.153 e Brescia: +108.625. Il dato valtellinese, insieme ad altri, suona come ulteriore campanello d’allarme: il territorio montano con una forte identità artigiana e agricola, vive oggi una stagione di progressivo spopolamento e invecchiamento, aggravata dall’esodo dei giovani. L’emigrazione giovanile, d’altra parte è stata evidenziata anche dal recente Rendiconto sociale dell’Inps come elemento di criticità a cui porre particolare attenzione.

La forza lavoro si restringe, mentre cresce la platea di chi percepisce un trattamento pensionistico, spesso non solo di vecchiaia, ma anche assistenziale o di invalidità. Nel Mezzogiorno, questa condizione è ormai cronica: nel 2024 si contano 7,3 milioni di pensioni contro poco più di 6,4 milioni di occupati, con regioni come la Puglia e la Calabria in forte squilibrio. Il fatto che anche Sondrio, insieme a province come Rovigo, Biella, Ferrara, Savona e Alessandria, abbia un saldo negativo mostra come il divario generazionale e produttivo stia risalendo lungo la penisola. In particolare, sono i territori di montagna e di confine i più vulnerabili. Il quadro delineato dalla Cgia si inserisce in una dinamica più ampia. Nei prossimi anni, tra il 2025 e il 2029, oltre tre milioni di italiani lasceranno il posto di lavoro per raggiunti limiti di età, e quasi tre quarti di loro provengono dal Centro-Nord.

È una transizione che rischia di indebolire ulteriormente la base produttiva e contributiva del Paese. In provincia di Sondrio, dove le imprese già oggi faticano a trovare manodopera, la combinazione tra pensionamenti di massa e carenza di giovani disponibili a subentrare rischiano di creare un vuoto difficile da colmare. Il tessuto economico, fondato su piccole e medie imprese, e attività turistiche, risente della scarsità di ricambio generazionale come denuncia oramai da tempo il presidente di Confartigianato Gionni Gritti. In questo scenario, il rischio è duplice. Da un lato, la riduzione dei contribuenti attivi potrebbe mettere in tensione il sistema previdenziale, aumentando la distanza tra chi produce reddito e chi percepisce prestazioni. Dall’altro, la perdita di popolazione giovane e attiva indebolisce la vitalità economica e sociale del territorio. Per invertire la rotta, la Cgia sottolinea la necessità di rafforzare l’occupazione regolare, contrastando il lavoro nero e favorendo l’inserimento di giovani e donne nel mercato del lavoro. In Italia, entrambi i tassi restano tra i più bassi d’Europa, e in aree come la Valtellina le difficoltà sono ancora più evidenti. Servono incentivi mirati per la formazione, la digitalizzazione e il sostegno alle imprese di montagna, oltre a politiche di lungo periodo per rendere questi territori più attrattivi e accessibili. Monica

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