Livigno “sfratta” le marmotte: cento esemplari ricollocati nel 2025

L’iniziativa, avviata nel 2021, mira a contenere la proliferazione dei roditori e salvaguardare territorio e attività economiche locali, evitando al tempo stesso l’abbattimento degli animali.

Sondrio

Dannose per gli agricoltori, pericolose per lo sci: Livigno torna a «sfrattare» le marmotte. Mascotte dell’arco alpino, amatissima da turisti e bambini, il roditore è infatti decisamente meno apprezzato dai contadini e dai gestori degli impianti di risalita.

Il 2025 ha segnato il ritorno a pieno regime del cosiddetto “Piano marmotte”, il progetto di gestione sostenibile della fauna selvatica avviato nel 2021 a Livigno per contenere la proliferazione incontrollata dei simpatici animaletti. Un intervento necessario per tutelare l’equilibrio ambientale, la sicurezza delle infrastrutture e l’attività agricola, evitando al tempo stesso l’abbattimento degli animali.

A fare il punto, in occasione del bilancio di fine anno della Provincia di Sondrio, è stato Gianluca Cristini, dirigente del settore Agricoltura, Ambiente, Caccia e Pesca. Nel corso del 2025 sono state catturate e ricollocate cento marmotte, tutte rimaste all’interno del territorio valtellinese, a differenza di quanto accaduto in passato, quando parte degli animali aveva preso la via della Valcamonica. Le operazioni rientrano nel Piano di gestione 2025-2027, approvato dalla Provincia con il parere favorevole dell’Ispra. Dopo la cattura, le marmotte sono state visitate dai veterinari dell’Ats per escludere la presenza di patologie trasmissibili all’uomo, microchippate e infine «traslocate» in aree idonee, dove la specie era scomparsa o dove, comunque, non crea particolari criticità. Insomma, sfrattate sì, ma con tutte le garanzie del caso.

«L’obiettivo è duplice – spiega Cristini –: da un lato contenere una densità eccessiva che sta creando problemi sempre più rilevanti, dall’altro intervenire in modo etico e scientificamente corretto, senza ricorrere all’abbattimento degli animali, come avviene ad esempio in Svizzera». Confederazione vicina, ma che proprio per la possibilità di caccia non potrà diventare la meta finale delle marmotte livignasche.

La loro presenza massiccia nel Piccolo Tibet comporta danni significativi ai prati e ai pascoli, rendendo difficoltose le operazioni di sfalcio e la produzione di fieno per il bestiame. Le tane e i cunicoli scavati nel terreno creano vere e proprie voragini che compromettono la stabilità del suolo e mettono a dura prova anche i mezzi agricoli, costretti a fare i conti con sassi affioranti e fondi irregolari. Ma il problema non riguarda soltanto l’agricoltura. «In prossimità degli impianti di risalita – aggiunge Cristini – le gallerie sotterranee rischiano di indebolire le fondamenta dei piloni, con potenziali ricadute sulla sicurezza delle strutture sciistiche».

Così, quelle che a prima vista sembrano solo simpatiche presenze alpine possono trasformarsi in una minaccia concreta per le attività economiche e per le infrastrutture. «Il Piano marmotte nasce proprio per conciliare la tutela della fauna con la salvaguardia del territorio», ribadisce il dirigente provinciale.

Il piano triennale prevede la prosecuzione delle attività anche nel 2026 e nel 2027, con un monitoraggio costante degli effetti delle traslocazioni. Parallelamente, nel 2025 la Provincia ha portato avanti anche interventi di controllo faunistico sul cervo nell’area di Arcoglio, dove l’elevata presenza degli ungulati ha provocato danni alle coltivazioni e aumentato il rischio di incidenti stradali. I risultati sono stati giudicati positivi e il programma proseguirà nei prossimi due anni.

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