Crac del Casinò: chiesti 750 milioni di danni agli ex consiglieri

Fra i destinatari anche i lecchesi Mauro Piazza e Antonio Pasquini

Campione d’Italia

Il Casinò di Campione d’Italia chiede ai vecchi amministratori (in carica fino al 2018) più di 750 milioni di euro di danni. E lo fa attraverso una domanda di arbitrato (per dirla in termini tecnici) presentata alla Camera arbitrale di Milano. A distanza di anni dal crac che ha travolto la casa da gioco, la società che gestisce il Casinò (ed il cui socio unico è il Comune) ha chiesto milioni e milioni di risarcimento ai professionisti che nel corso degli anni erano componenti del consiglio d’amministrazione o avevano avuto incarichi come revisori. Tutte persone che, è bene premettere, non sono coinvolte nei procedimenti già aperti in tribunale, con risvolti anche penali. E i nomi degli allora responsabili della casa da gioco sono molto noti, ci sono sindaci di lungo corso e politici di spicco ancora attivi. A cominciare dal lecchese Mauro Piazza, sottosegretario regionale all’Autonomia ed esponente della Lega (80 milioni la richiesta a suo carico), l’ex esponente comasca di Forza Italia Laura Bordoli oggi alla guida della Famiglia Comasca (anche per lei 80 milioni), l’erbese Giorgio Berna (50,6 milioni), lo storico rappresentante dei trasportatori Giorgio Colato (80 milioni), il consigliere provinciale lecchese e sindaco di Casargo Antonio Pasquini (29,4 milioni), Eugenio Mascheroni, noto commercialista, già primo cittadino di Montevecchia (27,6 milioni). E ancora Giulio Di Matteo in carica a Campione tra il 2012 e il 2014 (52,4 milioni), Paola Bezzola e Margherita Romano (1,4 milioni), Ugo Gaspari e Francesco Rezzonico (80 milioni), Roberto Pezzella, Alessandra Pilloni e Domenico Patrizi in carica sino al fallimento del Casinò (1,4 milioni) e Alessandra D’Onofrio (50,2 milioni).

Sono citati anche i parenti di persone ormai venute a mancare, 80 milioni chiesti agli eredi di Cornelio Cetti e Roberto Simone. Il procedimento è stato aperto a settembre presso la camera arbitrale di Milano, non è arrivato in tribunale. Non sono destinatari delle richieste, come detto, i politici e gli amministratori già citati in giudizio, come gli ex sindaci campionesi Roberto Salmoiraghi e Marita Piccaluga. Il Casino, insieme al Comune, spiega di fare dovuto effettuare un passo obbligato, fatto sulla scorta del concordato fallimentare portato avanti in questi anni e calcolato sulla base delle perizie degli esperti che hanno indagato relative alle responsabilità del crac della casa da gioco. Semplificando, il fallimento del Casinò scoppiato nell’estate del 2018 non sarebbe solo colpa di chi ha guidato Campione d’Italia negli anni più recenti, ma anche di chi non aveva posto rimedio al cattivo andamento dei bilanci negli anni precedenti. Un argomento che all’indomani del crac più volte a Campione d’Italia era stato dibattuto. Molti dei volti noti che hanno ricevuto questa milionaria richiesta di risarcimento si dicono a microfoni spenti «sbalorditi» della piega che hanno preso gli avvenimenti. Alcuni immaginano, a loro volta, di avanzare richieste danni, vogliono rivalersi su Casinò e Comune e parlano di «lite temeraria», insomma oltre le più comuni e giustificate vie legali. Gli interessati puntano anche il dito contro i termini che secondo loro sono anche ormai più che scaduti, visto che sono passati anni dalla vicenda. C’è anche chi fa notare come le spese da sostenere in sede di arbitrato siano più che ingenti, si parla di diverse centinaia di migliaia di euro. Costi che poi le persone citate potrebbero in caso di vittoria far ricadere sulla casa da gioco e di riflesso sull’amministrazione campionese. La cifra, tutto sommato, supera i 750 milioni di euro di risarcimenti e fa tremare i polsi. Si tratta certo solo della richiesta, del primo passo, nei prossimi mesi bisognerà capire quanto seguirà di concreto.

«È un atto dovuto»

Per il primo cittadino campionese Roberto Canesi la milionaria richiesta di risarcimento nei confronti degli ex amministratori non coinvolti nei processi in tribunale è «una azione dovuta». E aggiunge: «Non solo, in qualche è una misura sollecitata anche dai commissari che controllano l’andamento del concordato fallimentare – spiega Canesi – perché dagli atti emerge che già dal 2012 era chiaro che la situazione del Casinò era fortemente compromessa. Non era più possibile garantire la continuità aziendale. Eppure non sono state prese delle contromisure. Non sono stati ridotti i costi del personale, per fare un esempio. Il fallimento dell’estate del 2018 è il prodotto di un lungo sfortunato processo, le cui responsabilità non sono esplose nell’immediato». Oltre 750 milioni di euro però sono una cifra spaventosa. «Il calcolo è stato fatto dalla perizia, dei docenti incaricati – dice Canesi – che hanno sommato quanto maturato nel tempo». Una valutazione tecnica, insomma. E c’è anche la questione del tempo, viso che sono passati anche più di dieci anni. La scelta di compiere questo passo è stata presa in seno alla società che guida il Casinò (di cui il Comune è socio unico) , il cui presidente fino a pochi giorni fa era Mario Venditti, il magistrato in pensione di Pavia poi travolto dai nuovi risolti emersi nella vicenda dell’omicidio di Garlasco. Venditti si è poi dimesso e l’amministrazione comunale deve ancora trovare e nominare un nuovo presidente. Ma più di 750 milioni non rappresentano una richiesta esorbitante e comunque poco probabile da incassare? «A me non fa piacere – spiega ancora il sindaco a “La Provincia” – tanto più perché la richiesta è mossa nei confronti di persone e professionisti che conosciamo. Ma è un obbligo, non farlo significa esporre gli attuali responsabili ad altre conseguenze. Tanto più che abbiamo dato il via a questo provvedimento a condizione che il Casinò non avviasse procedure che potessero dirsi temerarie. Poi spetterà a legali e giudici dirimere questa intricata lunga vicenda». Per un piccolo paese italiano in terra ticinese che non sembra avere pace da più di sette anni.

«Siamo sbalorditi»

Davanti alla richiesta de “La Provincia”, i più mantengono il riserbo, dicono di non voler commentare, di avere ricevuto dagli avvocati il suggerimento di tacere, preferirebbero proprio non comparire. Qualche rapido commento però sfugge, reazioni anche a caldo, chiusi i taccuini, oppure risposte più formali. Come quella di Mauro Piazza, sottosegretario regionale della Lega. «Ho affidato tutto ai miei legali – dice Piazza a questo proposito – i quali consigliano di non rilasciare ulteriori approfondimenti. Posso dire che il mio impegno a Campione d’Italia risale al 2012, 2013 e che mi sono dimesso nel giro di poco tempo e dopo la nomina in Regione». Ha contatti, Mauro Piazza, per mere ragioni politiche, con Antonio Pasquini, oggi consigliere provinciale a Lecco, sindaco di Casargo, il quale raggiunto al telefono parla di «richieste lontane dal tempo, un arbitrato che riguarda tutti, ma penso proprio tutti gli ex amministratori, anche mai coinvolti in tribunale. Credo si tratti di un atto voluto dall’ormai ex presidente del Casinò di recente dimessosi».L’erbese Giorgio Berna, esponente di centrosinistra, preferisce non commentare, si lascia sfuggire in compenso soltanto un «sono sbalordito». Nessun commento anche da parte di Laura Bordoli. L’unico che parla e senza freni è lo storico rappresentante degli autotrasportatori di Como e di Lecco Giorgio Colato. «Mi pare surreale – dice Colato – sono richieste intanto fuori tempo massimo, sono passati anni e anni, altro che prescrizione. E poi noi non siamo stati coinvolti in processi, e non siamo stati rinviati a giudizio, al contrario di altri responsabili del Casinò. Detto che il sottoscritto comunque all’epoca ha sempre votato contro i bilanci, ero contrario all’idea che il Comune prendesse più soldi di quanti all’epoca poteva macinarne il Casinò, già in difficoltà. Non capisco la ratio di richieste tanto ingenti a termini scaduti. Ancor più se si pensa che sono rivolti verso professionisti noti e stimati. Saranno contenti gli avvocati».

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