Giovani, competenze e lavoro: al convegno di Young il valore delle soft skills

Al convegno “I goal della vita” a Lariofiere, esperti e imprese hanno discusso di disallineamento tra domanda e offerta di competenze, del peso crescente delle soft skills e della necessità di cambiare linguaggio quando si parla di lavoro ai giovani

Erba

Il disallineamento delle competenze, l’importanza delle soft skills e la necessità di cambiare linguaggio quando si parla ai giovani di lavoro, che non deve essere percepito come una punizione per chi «non ha voglia di studiare». Sono alcuni dei temi al centro del convegno “I goal della vita: passione, talento, squadra e territorio”, svoltosi ieri mattina all’interno di Young a Lariofiere, moderato dal divulgatore economico Giacomo Maini.

Il mismatch è in crescita: quali competenze servono oggi?

«Da un lato emergono nuove professioni e competenze legate a ambiente e sostenibilità, intelligenza artificiale e informatica, analisi dei big data: sono ambiti in cui la domanda di figure qualificate è in continuo aumento – ha affermato Antonio Pozzi, componente di Giunta della Camera di Commercio Como-Lecco con delega a Orientamento, Formazione e Capitale Umano. – Dall’altro lato restano fondamentali i settori tradizionali del nostro territorio: metalmeccanico, tessile, cura e assistenza, turismo. Qui le imprese cercano professionalità solide, capaci di evolversi e integrare nuove competenze tecnologiche e gestionali. Come Camera di Commercio e come associazioni di categoria abbiamo il dovere di raccontare queste esigenze ai giovani, aiutandoli a orientarsi tra le tante opportunità».

Pozzi ha poi sottolineato come le aziende cerchino persone preparate, ma anche motivate, curiose, pronte a crescere e a mettersi in gioco.

Hard skills come biglietto d’ingresso, soft skills come motore della carriera

«Le competenze tecniche sono fondamentali per entrare nel mondo del lavoro: rappresentano la conoscenza, gli strumenti e i metodi che permettono di accedere a una professione – ha osservato Alessandra Arnoldi, human resources di Itema Group. – Ma una volta dentro, sono le soft skills a fare davvero la differenza. Ti permettono di restare, crescere e migliorare nel tempo: la capacità di comunicare, lavorare in team, gestire i cambiamenti, imparare in modo continuo. Mi piace pensare alle soft skills come ai muscoli dello sportivo: se non li alleni, si indeboliscono; se li eserciti costantemente, diventano più forti e ti aiutano a raggiungere gli obiettivi».

Arnoldi ha aggiunto che le aziende devono saper individuare e misurare queste competenze per poterle poi sviluppare: «Oggi abbiamo strumenti come gli assessment, vere e proprie “palestre virtuali” che permettono di analizzare punti di forza e aree di miglioramento, sia per i giovani che per i professionisti più esperti».

Its Academy, opportunità poco valorizzata

Nonostante gli Its Academy vantino un tasso di occupazione del 93% al termine del percorso, continuano a essere percepiti come una seconda scelta. Per Laura Arrigoni, docente di Imprenditoria Civile e changemaker europea, uno dei nodi sta proprio nel linguaggio con cui si parla ai giovani di scuola e lavoro:

«Se diciamo ancora a un ragazzo “studia, altrimenti ti tocca lavorare”, trasmettiamo l’idea che il lavoro sia una punizione, non un’opportunità. Senza rendercene conto, comunichiamo che il mondo del lavoro non abbia dignità, che valga meno della scuola. Il lavoro invece è valore, crescita, responsabilità, creatività: è parte integrante della realizzazione personale e sociale. I nostri ragazzi sono molto più avanti di quanto pensiamo, hanno idee, energia e curiosità. Meritano ascolto e rispetto, e una società capace di valorizzare tutti i talenti».

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