Il caso durante e le insidie del web

Per limite o forse per fortuna, ho la stessa dimestichezza con la tecnologia e coi social di un bagnino sullo Stelvio. Dell’affaire Durante non mi sono occupato se non seguendo la puntuale cronaca dei miei colleghi, cartacei e televisivi. Non ci torno su perché il pallone si è già sgonfiato com’era giusto che fosse. Con i bambini che continuano a morire a Gaza e ovunque nel mondo, per bombe e fame figuriamoci quanto mi possa interessare l’irascibile e improvvida performance della gentil Alessandra.

La giovine mamma l’avevo conosciuta in campagna elettorale quando l’allora candidato Gattinoni, poi sindaco miracolato, m’invitò un paio di volte a tenere una lezione alla sua truppa. E poi, con altri giornalisti, a interrogare i suoi sodali per capire chi avesse una marcia in più.

Scelsi con gli altri proprio Alessandra Durante, che aveva suscitato interesse per la freschezza, lo spirito innovativo e la competenza. Non rinnego quel giudizio anche se poi nel corso del mandato non ho visto fiorire piante che quei semi promettevano.

Voglio solo aggiungere che, già poco incline a schierarmi, non sto né con i feroci detrattori, né con i samaritani di convenienza.

Sono da sempre tra coloro che istituirebbero l’obbligo delle dimissioni istantanee per il parlamentare che non conoscesse nemmeno gli articoli della Costituzione, anche quando si sostiene che quell’ incarico va interpretato con disciplina e onore (articolo 54).

Scendendo giù per li rami il concetto vale per chiunque occupi un ruolo pubblico. Da questo punto di vista, altri non ce ne sono, la mamma con due lauree ha fatto benissimo a lasciare la poltroncina e a tornare ai suoi orti. Niente a che vedere con Cincinnato.

Ma le sono grato perché mi permette di toccare i fili ancora scoperti, ma già ben visibili, delle nuove tecnologie applicate al mondo della comunicazione. Direte: che cavolo ne capisce il vecchio Calvetti? E a che gli servono?

Per educazione e persino vocazione mi garba stare aggiornato, imparare finché sto sul pezzo. Mi fa da guida, paziente e intelligente, il mio giovane collega Stefano Spreafico, anima di UnicaTv, al quale ricordo d’aver regalato le lezioni fondamentali per sopravvivere degnamente nella nostra professione.

Dopo la stagione di internet che ha rivoluzionato l’informazione, stravolgendo tempi e regole, minato i palinsesti, indossato i panni del maestro per correggere gli errori in tempo reale, abbiamo poi assistito, specie noi di una certa età, all’invasione dei social.

Cioè piazze virtuali dove chiunque può dire la sua, senza pagare penso, sull’intero scibile umano: dalle buche stradali ai dazi per tacere di quelle annate tempestose e schizofreniche dei macellai diventati virologi.

Va da sé che i politici non potevano essere esenti da questo frullato quotidiano. Attenzione: anche per chi come me cammina di lato ai social, tocca riconoscere che hanno dato voce pubblica a opinioni che prima si consumavano tra amici al bar. E tanto per restare nelle nostre stanze, i giornalisti non possono prescindere da questo girone informativo, nel quale è maturato il caso Durante. Processo compreso.

La terza rivoluzione ha un nome che ormai va come il pane: intelligenza artificiale

La Federazione nazionale della stampa ha alzato le barricate per difendere lo status quo, ma è un segreto di Pulcinella rivelare che ormai il suo utilizzo nelle redazioni ha mandato in soffitta i vecchi arnesi. Uno strumento potente, capace di sintetizzare dati, correggere testi e rimediare a errori di scrittura, stilistici e grammaticali.

La schiera degli ottimisti sostiene che l’IA libererà i giornalisti da mansione noiose e ripetitive permettendo loro di tornare a consumare la suola delle scarpe e a pescare dal vivo storie autentiche, capaci di recuperare l’interesse, la passione e la curiosità del lettore: un ottimo surrogato al tamburo dei retroscena, quelli che, Donald Trump insegna, mutano dall’alba al tramonto, senza lasciare traccia.

Sono pronto a scommettere (ma è facile come prevedere che il Milan non vincerà il campionato, parola di rossonero) che in tempi brevi, già si sente lo scalpitio dei cavalli: compiti, mansioni, metodi, competenze e sovrastrutture passeranno in second’ordine quando non finiranno negli archivi. Ma, attenzione: la novella, buona o cattiva che sia, resterà sempre il centro di gravità permanente di un patrimonio che resta un guardiano di libertà.

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