La (dura) partita del voto regionale

Nelle stanze del partito democratico a via del Nazareno a Roma, tirano un sospiro di sollievo: è arrivata la sentenza di Giuseppe Conte su Matteo Ricci, l’ex sindaco Pd di Pesaro candidato alla presidenza della Regione Marche ma indagato per corruzione. E la sentenza è (provvisoriamente) favorevole. diciamo con riserva: il M5S continuerà a sostenere Ricci. “Per il momento”. “Per quello che oggi sappiamo”. “Fino a prova contraria”. “Certo, se emergeranno altri fatti ne trarremo le conseguenze”. Fine delle citazioni contiane.

Si capisce che al Pd siano sollevati: nelle Marche Ricci è in vantaggio sul presidente uscente Acquaroli (che pure è sostenutissimo dal centrodestra nazionale, soprattutto da Giorgia Meloni), ma non di molto. E quindi i voti del M5S sono importanti, potrebbero essere addirittura decisivi. Di sicuro saranno fatti pesare moltissimo in caso di vittoria: già oggi i cinquestelle marchigiani si autonominano garanti della trasparenza di una eventuale giunta regionale guidata da Ricci, sono pur sempre quelli di “Onestà!Onestà!”.

A tal punto si allarga il loro potere di interdizione da far scattare il sarcasmo di Carlo Calenda: ”Al Pd scodinzolano perché la sentenza del tribunale morale di Conte salva Ricci, contenti loro”. Come Calenda la pensano in segreto, ma nemmeno tanto, tutti coloro che nel Pd sono insofferenti per questo potere che Conte si è dato, pur contando nelle periferie percentuali di voto sempre ad una cifra e pure bassina, e non capiscono perché la segretaria Schlein gli dia tanta corda.

O meglio, lo capiscono benissimo: se la segretaria porterà a casa in autunno una vittoria alle regionali, non solo si inchioderà alla sua poltrona ma potrà addirittura pensare di candidarsi come premier del “campo largo” alle prossime politiche nel 2027. Certo che a quel punto Conte si metterebbe in mezzo, ma tanto vale nel frattempo incassarne i voti e di conseguenza accettarne i conseguenti diktat. E soprattutto subirne gli avvertimenti: “Non faremo mai una alleanza stabile o addirittura organica”.

Diktat che l’avvocato pugliese continua a pronunciare a proposito del governatore uscente della Toscana, Giani che ai 5S del posto non piace, tant’è che gli hanno sempre fatto l’opposizione. Giani, rispetto a Ricci, nella sua regione è molto più sicuro di farcela, e quindi il mancato appoggio del M5S conta meno, però Conte ieri in conferenza stampa ha lasciato uno spioncino aperto anche su questo punto. Domanda: ”Perché dite no a Giani?”, risposta: “Questo lo dice lei”. Un mago.

Il no secco dei pentastellati invece è su Beppe Sala, soprattutto dopo la sfilza di arresti che stanno terremotando la politica milanese. Quanto alla Campania, sempre Conte si tiene il credito guadagnato “assolvendo” Ricci riservandosi di scegliere tra una possibile candidatura dell’ex presidente della Camera Fico (di recente mitragliata da Vincenzo de Luca ma difeso da Matteo Renzi) o dell’ex ministro-generale Sergio Costa: quel che sembra assodato è che nell’accordo con la Schlein il posto spetta comunque ai cinquestelle (poi vedremo che cosa farà De Luca con la sua montagna di voti e la sua rete di potere: se il centrodestra saprà giocare le sue carte, potrebbe avere qualche possibilità).

Il campo del centrodestra: il governatore della Calabria Occhiuto di Forza Italia, indagato per corruzione, si è dimesso. Si tornerà a votare, e lui si ricandiderà: “Giudicheranno i calabresi”. Quanto al Veneto, il centrodestra è ancora in alto mare: l’erede di Luca Zaia sarà uno della Liga o un fratello d’Italia? E si presenterà una lista intitolata al votatissimo governatore uscente? Le risposte alle prossime, numerose, puntate.

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