La strada della pace: bocconi molto amari

A piccoli passi sulla via che porta alla pace in Ucraina, ma la strada da percorrere è ancora lunga e piena di ostacoli. Il summit alla Casa bianca ha ottenuto il risultato che, pur non assumendo alcuna decisione sui grandi nodi da sciogliere, ha consentito di mettere le basi per riallacciare i rapporti personali tra i leader.

Sono proprio loro, in questa fase così delicata, che avranno la responsabilità di trovare la formula giusta per “congelare” - si spera definitivamente - la tragedia russo-ucraina. Ma non solo. Sia Volodymyr Zelensky sia Vladimir Putin avranno anche l’ingrato compito di dover far ingoiare dei bocconi amari alle rispettive opinioni pubbliche.

Nella trattativa ucraini e russi partono da posizioni opposte, ma ora è venuto il momento di trovare la quadra: Kiev e Mosca dovranno, quindi per forza, fare concessioni se intendono realmente raggiungere la pace. Non c’è altra soluzione.

Su problematiche territoriali e garanzie di sicurezza da concedere a Kiev è un dialogo tra sordi. Americani ed europei hanno assunto la posizione che siano i due contendenti a fornire le relative risposte.

Ma Zelensky e Putin ci riusciranno? Nel loro bilaterale programmato a breve, prima del trilaterale con Trump, tenteranno di farlo.

Evidenziamo, però, subito che il capo del Cremlino non può concedere l’applicazione di un articolo 5 (della Nato) per Kiev o la presenza di contingenti occidentali sul terreno in Ucraina.

Per lui sarebbe come aver perso il conflitto. Europei ed americani poserebbero i loro “stivali” nello spazio ex sovietico, quello che Putin considera il suo “cortile di casa”.

Mosca vuole imporre una soluzione “alla finlandese”, come quella applicata con Helsinki nel 1944 a conclusione della “Guerra bianca”. I finnici cedettero territori – quali, ad esempio, la Carelia - e dichiararono la loro neutralità, mantenuta fino all’aprile 2023, quando aderirono alla Nato a causa del nuovo pericolo da Est alla loro sovranità.

Non è, quindi, un caso che alla Casa bianca ieri fosse presente anche il presidente finlandese Alexander Stubb.

E con lui tutti i principali leader europei, che per ora sono riusciti ad evitare il disimpegno Usa dal Vecchio continente. Meno male che l’Europa era fuori dalla trattativa!

Brexit o non Brexit, ospite di Trump era pure il premier britannico Starmer. Da secoli, quando è in ballo la sicurezza continentale, Londra non è mai fuori dalla partita.

Saranno l’Ue e la Gran Bretagna, che hanno la “golden share” per la soluzione a lungo andare della questione ucraina – avendo nei propri depositi circa 270 miliardi delle riserve russe e disponendo di un ampio mercato energetico vitale per i budget di Mosca -, a concorrere a rimodellare gli equilibri futuri.

Da questa crisi gravissima uscirà una nuova Europa – probabilmente con la riforma dell’Ue, futura potenza geopolitica, – a cui, si spera, parteciperà a pieno titolo e non da pariah anche la Russia, dopo essersi ripresa dall’attuale deriva, iniziata nel 2013.

Ma se Zelensky e Putin non troveranno la quadra, allora sì, che saranno dolori: si tornerà allo scenario di un conflitto nefasto, senza prospettive, con annessi i rischi di uno scontro nucleare tra Russia ed Occidente.

Meglio non pensarci, anche perché la strada tra i prossimi colloqui a due e a tre oppure allargati e la conclusione con la firma di un trattato di pace non durerà pochi giorni, ma molto di più.

Un periodo di tempo in cui potrà succedere di tutto e nulla dovrà essere dato per scontato vista la tattica del “mezzo passetto”, attuata dal Cremlino.

Il punto rimane, comunque, sempre lo stesso: la generazione ex sovietica dei 70enni, che dirige oggi la Russia, non riesce ad accettare che la superpotenza, in cui nacque, non esiste più da 34 anni.

L’odierna epoca è diversa: gli imperi sono scomparsi; la Russia contemporanea del 21esimo secolo non è l’Urss; applicare formule vincenti nel 1944, basate sulla parola del capo del Cremlino di turno, non è certezza di successo nel 2025.

Far fare - con cautela e con rispetto - un bagno di realismo alla attuale dirigenza del Cremlino è forse un metodo saggio da seguire.

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