Provincia e comune due partite differenti

Se non conosci la grammatica, intesa come insieme di regole, di norme, di concetti alla base di una disciplina, quale che sia e in particolare nel perimetro del linguaggio, sei destinato a incappare in errori, orrori, scivolate, cantonate, figuracce, non sempre semplici da cancellare e far dimenticare.

I temi in classe, alle medie, sono il primo banco di prova sul quale misurarsi ed è lì che devi esprimerti correttamente, perché un “se dovrei”, te lo porti appresso per il resto dei tuoi giorni.

Nel mio mestiere ne ho viste e corrette e sofferte di ogni tipo, ma in mente mi rimane il vizio cronico di un collega, recentemente scomparso, al quale non riuscì mai di affrancarsi dallo “stassi” e il “vadi” dei suoi esordi sulla carta stampata. Un marchio d’ignoranza che m’impedì spesso di apprezzare altre sue qualità professionali.

Pensiamo al calcio: se un giocatore non sa fare uno stop (e in giro ne vedo una ciurma) non sarà mai un campione perché quello è un esercizio, un fondamentale, che s’impara all’oratorio, formidabile fucina capace di sfornare promesse quante oggi il vivaio dell’Atalanta, la fabbrica dei talenti poi venduti a peso d’oro. Com’è facile intuire, il principio lo si può estendere all’arte, alla scienza, alla produzione del vino, se non delle patate.

Ebbene, anche la politica non sfugge a questo giogo e credo che proprio la grammatica sia una linea di demarcazione tra dirigenti capaci e scappati di casa. Evito con cura il paragone tra professionisti e dilettanti perché, se i secondi vanno allo sbaraglio, i primi spesso sono più dannosi e pericolosi.

A proposito dell’argomento, cade a fagiolo il borbottio di questi giorni consumato sulla futura presidenza della provincia e sulla candidatura a sindaco di Lecco.

Il segretario provinciale di Fratelli d’Italia, Alessandro Negri, ha avviato un ragionamento che sotto il profilo grammaticale non fa una grinza, affermando che il centrodestra può rinsaldarsi se alla guida della provincia viene confermata l’uscente Alessandra Hofmann e Filippo Boscagli ottiene il via libera dal centrodestra unito, come primo cittadino del comune capoluogo. Ora, il nipote di Giulio (il 15 gennaio lo ricorderemo a due anni dalla morte) è approdato alla scuderia meloniana anche perché Forza Italia, la sua culla, è un po’ spenta mentre la Hofmann si potrebbe definire una civica con sfumature leghiste, vicina all’azione e al pensiero di Mauro Piazza, che se accettasse di correre per palazzo Bovara sarebbe visto come la manna dal centrodestra e non solo. Sarebbe anche la chiave per uscire dalla prigione dei veti personali, dei rancori, delle sprezzanti accuse che caratterizzano il panorama lecchese.

Non mi pare che in Regione o al Governo volino colombe, ma che con traiettorie differenti trovino poi la rotta per guadagnare consensi e restare in sella.

Mantenendo lo schema scolastico, proviamo a passare all’analisi logica, cioè all’approfondimento delle cause e delle relazioni tra i due corni del dilemma. Le partite per Provincia e Comune sono lontanissime per natura, posta in palio, regole di rappresentanza, tempistica, platea di elettori e destinatari. Come dire che, se non sono due sport diversi, certamente non sono i due tempi dello stesso match. La Provincia di Lecco compie trent’anni e un docufilm ne racconta la storia attraverso i suoi protagonisti di prima e seconda fila, di destra, di sinistra e di centro. Soprattutto con le immagini che ne filmano l’attività sempre più ricca e articolata nonostante il tentativo di abolizione di Matteo Renzi che voleva ferirla a colpi di spada e ne è uscito perito lui.

Ne scaturisce una sorta di primato delle istituzioni rispetto al ruolo e all’ingerenza delle forze politiche. Un profilo favorito dalla necessità di sopravvivere e dall’ambizione della stessa presidente che ama chiamarla la casa dei Comuni.

Ora, al principiare del 2026, si procederà al rinnovo della presidenza mentre il consiglio è già stato eletto con il macchinoso sistema del voto ponderale, vale a dire commisurato con il peso dei singoli comuni. Un consigliere di Lecco conta come metà Valsassina. Il bis di donna Alessandra è nei fatti, ma non può essere avulso dal contesto politico. Tutto bene, madama la Marchesa, se gli alleati naturali non si tirano le pietre. Di qui, la validità del richiamo di Fratelli d’Italia che avrà anche voglia e titolo per affermare la propria leadership all’interno del centrodestra. Poi capita, nel nostro Paese, che Giovanni Spadolini diventi presidente del Consiglio pur essendo espressione del Partito repubblicano, considerato all’epoca un cespuglio. Io sarei meno frettoloso nella spartizione del potere, sia perché all’orizzonte indovino molte grane, sia perché la vera sfida non è solo quella di vincere le elezioni, ma anche quella di governare la città e il territorio e, va da sé, lo suggerisce la grammatica oltre che la logica, che se la giovinezza è la benvenuta e va coltivata senza strappi (il gelso non fa l’uva), essenziale sono l’esperienza sul campo e l’ancor più preziosa umiltà che permette di conoscere i propri limiti.

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