
Cronaca / Circondario
Lunedì 11 Agosto 2025
Galbiate, trovato morto in casa
dopo tre anni: indagato il fratello
L’uomo, Angelo Spreafico, è stato scoperto giovedì scorso ma sarebbe morto nel 2022. La Procura indaga per occultamento di cadavere il fratello Francesco. I suoi legali: «Si è esclusivamente trattato di un dramma della solitudine»
Galbiate
Morto da tre anni nella sua abitazione di Galbiate. Nessuno lo avrebbe saputo, tranne il fratello che abita al piano di sotto, ma che non ha detto niente a nessuno. E ora si apprende che il fratello minore ha dato incarico a due avvocati del Foro di Lecco di tutelare la sua immagine, in questi giorni investita da pesanti critiche e insinuazioni. «Si è esclusivamente trattato di un dramma della solitudine che ha colpito, in maniera differente, i due fratelli. Francesco non è un mostro e neppure uno psicopatico», afferma con decisione l’avvocatessa Ester Invernizzi.
I fatti risalgono, come è ormai risaputo, alla giornata di giovedì scorso, quando alcuni funzionari comunali si sono recati nell’abitazione di Angelo Spreafico, 62 anni, per consegnargli alcuni documenti. I carabinieri e i soccorritori hanno trovato l’uomo, conosciuto nella località di circa 9mila residenti come “Angelone” per la sua stazza fisica, che giaceva senza vita nel letto della sua camera. Il decesso, tuttavia, risalirebbe a quando la vittima aveva 59 anni, quindi al 2022. E’ morto, quasi sicuramente, per cause del tutto naturali, come emerso dai primi accertamenti eseguiti dal medico legale. Le esatte cause del decesso, tuttavia, si sapranno con precisione una volta che l’anatomopatologo consegnerà la relazione sul suo esame autoptico alla Procura di Lecco.
In pratica il corpo, in avanzato stato di decomposizione, quasi del tutto mummificato, era sdraiato nel letto del suo alloggio al secondo piano di una palazzina familiare nella quale abita, al piano di sotto, il fratello Francesco, classe 1966, che per conto di una cooperativa lavora come oss in una Rsa di Civate i cui vertici, in questi giorni, hanno già fatto sapere che, al di là degli sviluppi dell’inchiesta ora alle prime battute, prenderanno in seria considerazione la possibilità di interrompere il rapporto di lavoro con l’operatore assistenziale. Che pure, in passato, ha sempre dimostrato di essere pienamente all’altezza del suo compito e mai destinatario di alcun richiamo o provvedimento disciplinare.
Nessuno, prima del macabro ritrovamento di giovedì, aveva segnalato in questi anni la scomparsa di Angelo Spreafico, ex operaio che aveva perso il lavoro perchè profondamente segnato dal periodo della pandemia Covid: si era chiuso fra le pareti domestiche e non voleva più assolutamente uscire dal caseggiato che condivideva con il fratello di pochi anni più giovane.Nessuno parrebbe si sia mai più interessato di quell’uomo diventato, a tutti gli effetti, un “fantasma”. Quando è stata eseguita l’autopsia, che è un atto irripetibile, i magistrati avranno iscritto nel registro degli indagati, chi gli stava più vicino, per consentirgli di nominare un consulente di parte, come da prassi avviene solitamente in questi casi. Con ciò a tutela, non per volere accusare qualcuno ad ogni costo, a indagine dei carabinieri appena avviate. E, difatti, i legali hanno nominato un consulente di parte che ha assistito all’autopsia.
Alla luce degli elementi sinora emersi l’eventuale ipotesi di reato formulata a carico del fratello è quella di occultamento di cadavere. Non certamente altre più gravi. «Riteniamo doveroso intervenire - dichiarano le avvocatesse Ester Invernizzi e Alessandra Carsana con studi professionali a Lecco - per una corretta narrazione degli eventi che hanno drammaticamente coinvolto Francesco e Angelo Spreafico.Tutti gli elementi ad oggi a noi noti escludono scenari che ascrivano al nostro assistito condotte diverse dalla incapacità di affrontare la scomparsa del fratello dovendosi imputare, allo stato, la vicenda esclusivamente alla piaga della solitudine». Le due legali lecchesi aggiungono: «Auspichiamo che la scrupolosa attività investigativa promossa degli inquirenti definisca nel minor tempo possibile gli accadimenti, restituendo al nostro assistito la necessaria tranquillità per affrontare il proprio dolore».
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