
Cronaca / Circondario
Giovedì 26 Giugno 2025
Giornalista lecchese a Tel Aviv: «La gente comune sostiene questa guerra, l’80% della popolazione israeliana è con Netanyahu»
Anna Airoldi è entrata in Israele mentre Teheran cercava la sua vendetta agli attacchi israeliani. È stata testimone di morte e di distruzione. «L’ultimo attacco su Bersheva l’altro giorno, quando si sono scambiati gli ultimi missili, ha colpito un edificio residenziale»
Valmadrera
É entrata in Israele mentre Teheran cercava la sua vendetta agli attacchi israeliani. È stata testimone di morte e di distruzione a Tel Aviv e non solo. Lei, giornalista di La7 (Piazza Pulita), al seguito di Francesca Mannocchi, storica inviata de “La Stampa” e La7, è Anna Airoldi. Giovane, valmadrerese, sempre più lanciata nel giornalismo d’inchiesta, quello sul campo, non passato dietro le scrivanie. Una passione per il Medio Oriente, ma con lo sguardo e la mente aperte. Non come tanti. A “La Provincia” racconta: «Siamo entrate in Israele domenica scorsa, tra il 15 e il 16 giugno alle 7 di mattina del 16. È stato un viaggio della speranza perché ovviamente lo spazio aereo israeliano era chiuso, così come quello giordano, e quindi abbiamo preso un volo da Roma e siamo arrivate al Cairo. Da lì il volo interno fino a Sharm el-Sheikh e poi da Sharm el-Sheikh, con un autista, siamo arrivate fino a Taba, che si trova, sul Sinai, sul Mar Rosso, il punto dell’Egitto più vicino al confine con Israele. Così siamo entrate da Eilat».
Appena entrate a Tel Aviv, la prima cosa che Anna Airoldi ha visto è stato uno dei siti residenziali bombardati da Teheran: «Un missile è riuscito a bucare l’Iron Dome ed è caduto proprio su un edificio residenziale. In quel caso non aveva fatto vittime, ma di fatto ha distrutto tutto l’edificio. In questa guerra ribattezzata la guerra dei dodici giorni, sono state 28 le vittime israeliane uccise dai missili iraniani. Ed è un numero sicuramente molto contenuto se guardiamo ad esempio alla controparte iraniana, per non parlare di Gaza. Perché? Perché Israele ha un sistema di protezione, che è tra i più efficaci al mondo, l’Iron Dome appunto. Un sistema non infallibile, ma veramente collaudato. Appena arrivate abbiamo scaricato questa applicazione che si chiama Homefront Command, che è un’applicazione sul cellulare che di fatto ti geolocalizza ed è collegata con i sistemi di intercettazione dei missili della difesa israeliana. Ti arriva un allarme di fatto sul cellulare circa 10 minuti prima che il missile si abbatta sulla tua zona. Il cellulare comincia a suonare e tu hai il tempo per organizzarti e prepararti. Poi arrivano le sirene, e quando suonano hai circa un minuto e mezzo per metterti in uno shelter o in una stanza con le pareti di cemento armato, che è una cosa di cui sono dotati quasi tutti gli edifici».

Naturalmente Anna Airoldi si è dovuta rifugiare più volte negli shelter: «L’ultimo attacco su Bersheva l’altro giorno, quando si sono scambiati gli ultimi missili, ha colpito un edificio residenziale. Le persone che sono morte si erano messe nella safe room all’interno dell’appartamento, che è una stanza appunto come le altre, fatta eccezione per il fatto che abbia dei muri di cemento armato. Ma in quel caso il missile è caduto esattamente su quella stanza e quindi ovviamente non c’è stato niente da fare. Però diciamo che se vai negli shelter sotto terra è molto difficile che ti succeda qualcosa».
Il che però vuol dire sotto costante stress anche in Israele e non solo a Gaza o a Teheran. Gli israeliani si lamentano? Ce l’hanno con Netanyahu? «Riuscire a ritagliarti dei momenti durante la giornata in cui sai per certo che non arriveranno i missili era impossibile – spiega Airoldi -. Ora vedremo se sarà vera pace. La gente comune, però, sostiene questa guerra: un sondaggio uscito tre o quattro giorni fa, fatto da un istituto israeliano, riportava che l’ottanta per cento della popolazione israeliana sostiene Netanyahu in questa offensiva. L’Iran è visto e considerato dagli israeliani come il nemico per eccellenza di Israele, nonostante il fatto che questo attacco sia completamente infondato e contrario a qualsiasi norma del diritto internazionale».
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