Investita e uccisa a Galbiate un anno fa. La lettera di dolore

Mattia Butta, figlio di Luisa Spreafico, chiede giustizia per la madre, vittima di omicidio stradale a Bartesate

Galbiate

Lo sfogo comincia con il ricordo di poche parole che arrivano «come un pugno allo sterno che toglie il fiato» in un giorno di inizio estate: «Hanno investito la mamma». La lettera ripercorre 12 mesi di dolore e attesa. La scrive Mattia Butta, docente alla facoltà di ingegneria all’Università di Praga, che a giugno dello scorso anno, alla chiusura dell’anno accademico, fu costretto a correre in aeroporto per prendere il primo volo per l’Italia. Sua mamma era Luisa Spreafico, investita e uccisa da un’auto che l’ha centrata il 24 giugno 2024 mentre camminava sul ciglio della strada provinciale che conduce a Bartesate.

«È passato ormai un anno da quella telefonata che interruppe una serena giornata di inizio estate mentre esaminavo l’ultimo studente della sessione – scrive il professore – Dopo, finiti gli esami, sarebbe partita la bella stagione, e invece è iniziato l’inferno». Ancora vivo e immediato il ricordo della stanza della terapia intensiva e del «silenzio dell’impotenza». La vista dei macchinari che tengono le vite appese a un filo: «un soffio e se ne vanno». Per la vicenda la procura ha indagato per omicidio stradale aggravato dalla fuga la 62enne di Ello al volante della Mercedes Classe A che ha travolto la donna, e il marito della stessa (65 anni) per il presunto reato di favoreggiamento personale.

Una perizia disposta dagli inquirenti avrebbe chiarito che il corpo della vittima è rimasto senza soccorsi per circa tre quarti d’ora. Chi l’ha investita, infatti, non aveva il telefono con sé. È stata vista scendere dall’auto e guardare verso la scarpata oltre il guardrail. Poi è andata a casa, ha chiamato il marito e poi, tornati in loco, hanno telefonato al 112. Sarebbero emersi anche interventi sulla carrozzeria della macchina per cancellare i segni dell’impatto del corpo sulla vettura. Ora si attendono novità sulla conclusione delle indagini preliminari e sulla probabile richiesta di rinvio a giudizio da parte del sostituto procuratore Chiara Stoppioni.

«Quella sera sono arrivato a Bartesate quando ormai era buio e, passando sulla curva in cui è stata uccisa mia mamma, ho pensato ’qui non lo troveranno mai’, mentre proprio in quei minuti, avrei saputo solo più tardi, era già sotto interrogatorio». Butta è tornato a Praga: «Ho provato a ripartire. Un anno di psicoterapia per provare ad avere una vita normale. Ne seguiranno altri, perché per liberarti dalle ombre scure che ti trascini ovunque non c’è il rito abbreviato. Un anno in cui sono stato zitto anche quando volevo gridare che mia mamma era una persona perbene e che merita giustizia. Per il dolore di chi rimane non esiste il patteggiamento. Per la nostra pena non c’è alcuno sconto».

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