
“Colico Resta a Lecco”, il Comitato incalza: «Subito un referendum, o ricorreremo al Tar»
Il Comitato “Colico Resta a Lecco” torna all’attacco e chiede un referendum sul passaggio di Colico alla provincia di Sondrio, denunciando un diniego da parte della maggioranza comunale e minacciando il ricorso al Tar in caso di nuovo rifiuto
Colico
Il comitato per il no al trasferimento del comune di Colico dalla provincia di Lecco a quella di Sondrio va all’attacco chiedendo un referendum trasparente, onesto e partecipato, perché «Colico non merita un passaggio di provincia deciso sotto traccia». E minaccia di ricorrere al tribunale amministrativo, il Tar, se il Comune si rifiuterà nuovamente di indire il referendum consultivo per il cambio di provincia. Ieri in sala consigliare della Provincia di Lecco, a Villa Locatelli, i consiglieri di minoranza Silvia Paroli (coordinatrice del comitato “Colico Resta a Lecco” e Consigliera Comunale “Più Comunità”), Guido Plazzotta, capogruppo dell’opposizione di “Colico di Tutti”, Raffaele Grega (consigliere di “Colico di Tutti”), Enzo Venini (consigliere “Più Comunità”) hanno ricevuto il saluto, e l’incoraggiamento, di Alessandra Hoffman, presidente della Provincia.
Dopo aver ripercorso i ben noti passaggi della vicenda, a partire dal 21 marzo quando si presentò all’Auditorium Ghisla il comitato “Il Bitto sposerà l’agone”, i consiglieri di opposizione al Comune di Colico hanno lasciato la parola a Claudio Linzola, amministrativista del Foro di Milano e legale del Comitato “Colico Resta a Lecco”.
Il quale non ha lasciato dubbi sul fatto che ritiene pretestuoso il diniego di indizione del referendum pronunciato dalla maggioranza in consiglio comunale: «Come richiesto dal regolamento comunale di Colico per l’indizione di questo strumento, il referendum richiesto dal comitato “Colico resta a Lecco”, è esclusivamente locale, altroché. Riguarda solo i colichesi decidere se stare con Lecco o andare con Sondrio. Il referendum è di pertinenza locale, comunale, e doveva essere già accettato».
Linzola poi ha spiegato che sono pochi i comuni che sono passati da una provincia all’altra. Tre o quattro dal 1946 in poi. L’esempio identico è Comacchio nel 2013, in provincia di Ferrara che voleva andare in provincia di Ravenna. Lo statuto del comune di Comacchio, dice la stessa cosa di quello di Colico: «Deve tenersi su materie di interesse esclusivamente locale e di competenza comunale. Ma il parere del segretario cittadino è risultato contrario. A Comacchio nel 2012 fu indetto il referendum che poi raccolse l’88 per cento di consensi al cambio di provincia».
Secondo l’avvocato anche i pareri portati a suffragio dell’idea che il referendum dovesse essere rifiutato dal Comune, sono citati in modo non corretto e Linzola fa notare che anche la nuovissima legge regionale 7 del 2025 prevede la possibilità di indire il referendum. «Non è un obbligo, ma una possibilità. E prevede altre forme di consultazione, ma non vuol dire che il referendum sia equivalente a una raccolta firme». Il fatto che si parli di “altre forme” per Linzola, è solo un modo per evitare che comuni che non hanno inserito il referendum nel regolamento comunale fossero tagliati fuori dalla ratio di questa legge.
Per cui Linzola ha concluso: «Se il consiglio comunale indirà il referendum, ma la maggioranza insisterà nel volersi sostituire ai suoi novemila cittadini, suggerirò ai miei committenti, ovvero al Comitato, di impugnare davanti al Tar la prima delibera, perché ci sono vistosi vizi procedimentali che hanno impedito a tutto il consiglio comunale di conoscere appieno l’esito dell’istruttoria fatta dal Comune che non è durata pochi giorni, ma mesi».
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