
Delebio, due indagati per stupro al Baraonda: il giudice archivia
Chiusa dopo quattro anni l’inchiesta sulla denuncia di una 17enne lecchese per una presunta violenza sessuale a Delebio. Archiviata la posizione dei due giovani indagati: «Indagini scrupolose, nessun reato accertato»
Delebio
A distanza di quattro anni si è chiusa con una duplice archiviazione l’inchiesta sul presunto stupro ai danni di una ragazza, residente nella zona di Dervio. Un ventiduenne dell’alto Lario venne iscritto nel registro degli indagati per la presunta violenza sessuale con vittima una ragazza di 17 anni. I fatti sarebbero avvenuti - secondo la denuncia - nella notte tra il 23 e il 24 ottobre del 2021 nel parcheggio esterno del disco pub “Baraonda” di Delebio, all’imbocco della Valtellina. Non fu il solo a finire nei guai, nello stesso registro venne iscritto anche il nome di un altro giovane, valtellinese. Entrambi al centro delle indagini serrate dei carabinieri della locale caserma delebiese e dei colleghi del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Chiavenna per fare piena luce sulla violenza che si sarebbe consumata all’esterno del locale come denunciato dalla minorenne. Con quali ruoli e responsabilità era tutto da chiarire: non si sarebbe trattato di uno stupro di gruppo e l’iscrizione dei nomi nel fascicolo sarebbe stata unicamente legata alla necessità degli inquirenti di svolgere tutti gli accertamenti tecnici necessari per arrivare alla verità, per comprendere chi davvero sia stato il presunto autore della violenza e se, soprattutto, davvero ci fosse stata e non sia stata, invece, un’invenzione.
Le indagini blindate, all’epoca coordinate dal procuratore facente funzione di Sondrio, Elvira Antonelli, arrivarono alla stretta finale. La ragazzina aveva denunciato di essere stata violentata all’esterno del locale pubblico dove era andata a ballare insieme ad amici e alcuni parenti del fidanzato. Uscita per qualche minuto nel piazzale su cui si affacciano un supermercato e altri esercizi commerciali (qualcuno avrebbe raccontato di averla vista quasi trascinare via a forza), al suo rientro era sotto choc: i vestiti strappati, le lacrime, il ricovero in ospedale per gli accertamenti.
Elementi importanti per l’attività investigativa sarebbero emersi dalle immagini “catturate” dalle telecamere di videosorveglianza che avrebbero immortalato, almeno in parte, quanto accaduto quella sera. I militari dell’Arma, nei giorni successivi alla querela, hanno ascoltato una decina di ragazzi, due dei quali nelle scomode vesti di indagati. Il ventiduenne lecchese, in particolare, è stato interrogato a lungo nell’ufficio dell’allora procuratore Antonelli, alla presenza di alcun investigatori.
«Ha chiarito diversi aspetti della vicenda, decisamente delicata e complessa, e contribuito a fare luce su alcuni particolari - dichiarò al termine l’avvocato Michele Cervati di Colico che con la collega Laura Redaelli difendeva l’inquisito -. Noi, nel frattempo, abbiamo già condotto indagini difensive e stiamo portando avanti i nostri approfondimenti».
Resta il fatto che poi la dottoressa Antonelli lasciò la Valtellina, per assumere il ruolo di capo della Procura di Larino in Molise, e il fascicolo passò alla collega Giulia Sicignano la quale, al termine, chiese l’archiviazione della posizione dei due indagati. Poi anche lei venne trasferita ad altro Ufficio giudiziario, a Milano. Il giudice, infine, ha accolto l’istanza di archiviazione con il fascicolo, nel frattempo, ereditato dal pm Stefano Latorre. Ma l’avvocato William Limuti di Sondrio, che assiste la giovane, aveva presentato opposizione all’archiviazione. Ora apprendiamo che, nell’udienza che si è tenuta l’1 luglio, il giudice Antonio De Rosa ha accolto la domanda di archiviazione, respingendo l’opposizione. Dunque, caso chiuso.
«E’ stata fatta un’indagine molto scrupolosa - si limita a dire l’avvocata Arianna Caprinali di Sondrio che assisteva uno dei due giovani coinvolti nell’inchiesta -. Sono stati bravi i carabinieri e i magistrati a ristabilire la verità dei fatti».
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