Cinquant’anni senza Marco Crippa

Ricordo di un giovane alpinista e scout lecchese caduto sul San Martino

Lecco

Cinquant’anni fa, il 4 novembre 1975, la parete della Pala Rossa del San Martino, che domina la città di Lecco, si portava via un ragazzo di appena diciotto anni, una delle promesse più luminose dell’alpinismo locale. Marco Crippa perse la vita durante un’arrampicata con i due più cari amici, Daniele Chiappa e Cesare Mauri, mentre tentava di aprire una via nuova. Non era la prima volta che i tre alpinisti tracciavano una nuova via, il giorno dell’Epifania dello stesso anno, ne avevano aperto una sul Corno Medale.

Quel giorno, raccontano gli articoli dell’epoca, la tragedia si compì in pochi attimi. Erano partiti di prima mattina, con l’entusiasmo e l’esperienza necessaria per vincere la sfida della parete mai salita prima. Marco guidava la cordata, mentre gli altri due gli facevano sicura non si accorse che le corde gli stavano passando tra le gambe invece che sul fianco, all’uscita del passaggio difficile venne tradito da un appiglio che saltò via, le corde si incastrarono tra le gambe durante il volo con un effetto catapulta mortale.

Aveva solo diciotto anni, ma era considerato una sicura promesso dell’alpinismo lecchese. Nelle parole di chi lo conobbe, “affrontava la montagna con serietà e rispetto, senza mai confondere il coraggio con l’imprudenza”.

La morte di Marco lasciò sgomenti la famiglia, gli amici, gli scout, gli insegnanti e l’intera comunità lecchese. Non solo perché era giovane, ma perché rappresentava un tipo di ragazzo raro, entusiasta, generoso, sempre pronto a mettersi in gioco.

Lo ricordava così il giornalista Giorgio Spreafico, allora cronista del nostro quotidiano: «Marco era un giovane entusiasta della vita, che amava la bellezza e la purezza della natura e soprattutto del fronte roccioso che gli aveva dato già grandi soddisfazioni e, ora, la morte».

La sua «carica» – scriveva ancora Spreafico – si ritrovava in ogni ambito della sua vita: nella scuola, nello scoutismo, nelle relazioni interpersonali, nella voglia di discutere, di crescere, di capire. Amava il dialogo, partecipava con curiosità e spirito critico, e sapeva proporre idee con una maturità che sorprendeva.

Marco era entrato nei lupetti ed era aiuto del maestro dei Novizi del gruppo Lecco 1°, in agosto aveva partecipato alla Route Nazionale in Piemonte ed aveva animato uno stand sull’alpinismo nel parco della Mandria, dove l’evento si era concluso.

Nel commovente articolo pubblicato dal gruppo scout, dal titolo “Verso più alte cime”, si legge: «A diciotto anni, pieno della grazia di giovane, il Signore gli aveva già dato tanto: una bella famiglia, la gioia di salire sulle montagne più belle, un entusiasmo che lo faceva innamorato di Dio, desideroso di dominare con la corda anche la sua stessa esistenza».

Durante i funerali, celebrati nella chiesetta del Seminario di Castello, la comunità di Lecco si strinse attorno alla famiglia e ai suoi amici con un affetto immenso. Sul feretro furono deposti due simboli: il maglione del CAI Belledo e il fazzolettone scout. Un simbolo di doppia appartenenza, di un ragazzo che univa la forza e la fede, la passione e il servizio per gli altri.

Cinquant’anni dopo, la figura di marco Crippa continua a vivere nel ricordo di chi lo conobbe e nelle generazioni di giovani alpinisti e scout che percorrono le stesse strade.

Oggi, chi sale sul san Martino e guarda la Pala Rossa può forse immaginare quel ragazzo alto e sorridente che cercava una via nuova, una via che non è solo una traccia nella roccia ma un segno di memoria collettiva della città.

Come scrissero allora i suoi amici scout, salutandolo per l’ultima volta: «Se il cielo ci guarda, andiamo avanti con gioia».

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