
Cronaca / Lecco città
Martedì 15 Luglio 2025
Condannato a sei mesi per minacce
il trapper lecchese Augustin Ameybor
L’uomo era già stato coinvolto in altre vicende giudiziarie per accuse legate allo spaccio di droga in viale Turati nel rione Santo Stefano a Lecco, anche se poi, a gennaio 2024, era stato assolto da quelle contestazioni
Lecco
Condanna a sei mesi di reclusione per Augustin Ameybor, lecchese, giudicato colpevole per il reato di minacce, ma assolto dall’accusa di porto abusivo di armi in relazione a un episodio del 2019, quando si era presentato con fare intimidatorio sotto casa di un altro uomo, per presunte questioni debitorie.
L’imputato, attualmente agli arresti domiciliari con l’applicazione del braccialetto elettronico per altre vicende, promuove su un canale Youtube la propria attività nella musica trap, con il nome d’arte di ‘Big Ceo’, attraverso un video e un brano pubblicato un anno fa, che ha riscosso più di cinquantamila visualizzazioni. Nei suoi confronti, la pubblica accusa aveva chiesto, nel corso dell’udienza precedente, la condanna a poco più di tre anni di reclusione, mentre la difesa (è assistito dallo studio Vecchioni, che segue legalmente anche il trapper Baby Gang) ha sostenuto l’innocenza. «I debiti vanno pagati, qui io sono il boss», avrebbe detto a gran voce l’imputato nel 2019, quando, secondo una testimone sentita nel corso dell’istruttoria, si presentò sotto casa sua in viale Turati chiedendo del suo compagno. Stando al ricordo della donna, e secondo la tesi della pubblica accusa, quella persona era proprio Augustin Ameyibor, già coinvolto in altre vicende giudiziarie per accuse legate allo spaccio di droga in viale Turati nel rione Santo Stefano, anche se poi, a gennaio 2024, era stato assolto da quelle contestazioni.
«Ho visto la figura di un uomo sotto un lampione – ha ricordato durante l’udienza di maggio l’allora compagna del destinatario delle presunte intimidazioni (oggi moglie dello stesso) – e ho notato la canna della pistola che sporgeva dalla mano chiusa. L’ho riconosciuto perché lo conoscevo sin da quando era una ragazzino. Ho sentito chiaramente le parole ‘sono il boss’ e ‘ i debiti vanno pagati’». Secondo quanto riferito da altri testimoni, avrebbe anche esploso colpi di pistola a scopo intimidatorio.
L’arma, tuttavia, non venne mai trovata. Nello smartphone dell’imputato erano state trovate foto in cui effettivamente impugnava una pistola, secondo quanto riferito da un ispettore della Squadra Mobile incaricato di indagare sull’episodio, ma la difesa ha sostenuto che quelle immagini fossero legate all’attività musicale di Ameybor, che per girare un videoclip si sarebbe fatto ritrarre con delle armi a salve. Solo “scopi artistici”, insomma, ha sostenuto lo stesso imputato, il quale ha spiegato al giudice che gli scatti (con armi finte) risalivano a un paio di settimane prima, alla notte di capodanno tra il 2018 e il 2019. Ieri mattina la sentenza del giudice Bianca Maria Bianchi, che non ha ritenuto sussistente l’accusa di porto abusivo d’arma, riconoscendo però quella di minacce. All’udienza di ieri, dedicata alla lettura del dispositivo, l’imputato ha scelto di non comparire.
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