Lago di Pusiano sotto pressione: gli inquinanti eterni mettono a nudo le fragilità

Il rapporto ARPA Lombardia 2025 segnala la presenza cronica di PFOS (acido perfluoroottansolfonico): superati gli standard medi, il bacino più fragile tra quelli lecchesi.

Lecco

Tra i laghi della provincia di Lecco, il Lago di Pusiano, al confine con Como, è quello che più di altri mette in evidenza le fragilità ambientali dei bacini lacustri. Non è il più esteso né il più profondo, ma è quello che risente maggiormente dell’attività dell’uomo, come emerge dal Rapporto ARPA Lombardia 2025 sul monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche

Si tratta di sostanze chimiche artificiali utilizzate a partire dagli anni Cinquanta in numerosi prodotti industriali e di uso quotidiano, come rivestimenti antiaderenti, tessuti impermeabili e imballaggi alimentari. Una volta rilasciati nell’ambiente non si degradano facilmente e possono persistere per decenni, accumulandosi nelle acque, nei sedimenti e negli organismi viventi. Sono “inquinanti eterni”.

Tra questi composti, il più critico è il PFOS (acido perfluoroottansolfonico), sostanza oggi vietata ma ancora rilevabile a causa degli usi storici. Anche a concentrazioni molto basse, può accumularsi negli organismi acquatici e risalire la catena alimentare.

Nel caso del Lago di Pusiano, i dati ARPA indicano una situazione non episodica. In più campagne, è stata rilevata la presenza di PFOS con superamenti dello standard di qualità ambientale medio annuo, segnalando una contaminazione cronica, pur restando sempre molto al di sotto della concentrazione massima ammissibile.

Il confronto con gli altri laghi lecchesi è significativo. Nel Lago di Como, grazie all’enorme volume d’acqua e al continuo ricambio, i PFAS risultano più diluiti. Il Lago di Annone presenta criticità intermedie. Il lago Pusiano, invece, per le dimensioni ridotte, la scarsa profondità e i tempi di ricambio più lunghi, rende più visibili gli effetti di apporti continui.

Secondo ARPA, in Lombardia non esistono impianti di produzione di PFAS: le sostanze rilevate derivano da un uso diffuso e storico, veicolato nel tempo da scarichi urbani depurati, dilavamento delle aree urbanizzate e attività produttive del passato. Secondo Roberto Fumagalli del circolo ambiente Ilaria Alpi, “Occorre un impegno serio da parte delle Istituzioni per il risanamento del lago, che deve appunto passare attraverso l’eliminazione di tutti gli scarichi”

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