Cartabia al Bachelet di Oggiono: «La giustizia non è vendetta, ma ricucire strappi»

Marta Cartabia, presidente emerito della Corte costituzionale ed ex ministra della Giustizia nel governo Draghi, ha incontrato gli studenti dell’Istituto superiore Bachelet di Oggiono per parlare di legalità e giustizia, in occasione della Giornata della Memoria per la strage di Capaci

Oggiono

«L’ingiustizia è come un tradimento: ci spinge a volere vendetta, a voler intervenire. Ma proprio nel regolare queste situazioni si misura la vera forza del diritto». A dirlo è Marta Cartabia, presidente emerito della Corte costituzionale ed ex ministra della Giustizia nel governo Draghi, che nella mattinata di oggi ha incontrato gli studenti dell’Istituto superiore Bachelet di Oggiono per parlare di legalità e giustizia, in occasione delle iniziative promosse in vista del 23 maggio, Giornata della Memoria per la strage di Capaci.

L’evento, intitolato «La forza del diritto e il bisogno di giustizia», è stato promosso dal Centro di promozione della legalità «Falcone e Borsellino» – di cui il Bachelet è scuola capofila – nell’ambito del progetto sostenuto da Regione Lombardia e USR Lombardia: un percorso triennale per diffondere la cultura della legalità e della cittadinanza attiva nelle scuole. All’incontro hanno partecipato numerosi studenti e docenti, con possibilità di seguire anche in streaming da altri istituti del territorio, previa iscrizione.

Davanti a una platea attenta e partecipe, la professoressa Cartabia ha parlato del senso profondo della giustizia e della differenza tra una giustizia punitiva e una giustizia riparativa. «La giustizia non è vendetta. Non si tratta solo di punire, ma di ricomporre, di ricucire strappi. I conflitti non sono la fine di una relazione: possono diventare il punto di partenza per un cambiamento», ha detto, sottolineando il valore dell’ascolto, della responsabilità condivisa e del ruolo dei mediatori nei percorsi di riconciliazione.

Richiamando l’esperienza del giudice sudafricano Albie Sachs – vittima di un attentato durante l’apartheid -, che scelse di «fermare il braccio della vendetta», Cartabia ha invitato i giovani a riflettere sulla forza morale necessaria per scegliere la strada del dialogo e della giustizia che ripara, piuttosto che quella che punisce. Ha poi citato l’articolo 3, secondo comma, della Costituzione – quello che impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona – e l’articolo 27, che afferma il principio della finalità rieducativa della pena. Proprio a questi valori si è ispirata, ha spiegato, la riforma del processo penale portata avanti durante il suo mandato da ministra, oggi in parte modificata dai correttivi introdotti dal ministro Carlo Nordio.

Cartabia ha affrontato anche il tema della mediazione e del dialogo nei contesti di conflitto, citando il caso emblematico del confronto tra Agnese Moro, figlia di Aldo Moro, e Adriana Faranda e Franco Bonisoli, ex brigatisti. «Oggi si sta evolvendo la figura del mediatore, che è un terzo, ma non è neutrale: è equi-vicino, cioè vicino a entrambe le parti. È questo che permette il dialogo», ha spiegato.

Ampio spazio è stato infine dedicato alla questione femminile, che Cartabia ha vissuto in prima persona nei ruoli istituzionali ricoperti. Dal 13 settembre 2011 al 13 settembre 2020, infatti, è stata giudice della Corte costituzionale, della quale dall’11 dicembre 2019 è stata anche presidente, diventando la prima donna a ricoprire tale carica. «Non ho mai percepito ostilità esplicite, ma quando sono diventata presidente della Corte – in mezzo a colleghi uomini, tutti più grandi di me – ho capito che la mia presenza era qualcosa di “nuovo”, e quindi un po’ scomoda. Ma ho sempre cercato di restare me stessa nel modo di guidare i lavori della Corte, senza scimmiottare modelli maschili». Un incontro che ha lasciato il segno tra gli studenti e gli insegnanti presenti, stimolando riflessioni profonde su un tema, quello della legalità, che riguarda tutti e parte proprio dai banchi di scuola.

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