Fuga dalla sanità pubblica, boom di dimissioni. Sondrio ha perso 700 operatori

Il rapporto della Uil Lombardia evidenzia un aumento vertiginoso delle dimissioni dal settore sanitario dal 2001 al 2023, con picchi nelle province di Sondrio, Como e Varese.

Sondrio

È un vero e proprio allarme quello lanciato dalla Uil Lombardia, che ha posto la sanità pubblica sotto la lente d’ingrandimento grazie al rapporto “Evoluzione del personale del servizio sanitario regionale e province lombarde 2001-2023”, frutto dell’analisi dei dati ufficiali del Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato.

Il rapporto, intitolato “Sanità pubblica: tutelare chi cura per tutelare tutti”, denuncia dati allarmanti in merito alle cessazioni volontarie e alle dimissioni non per pensionamento o per passaggio ad altri enti da parte del personale in servizio nella sanità pubblica, fenomeno cresciuto del 416% in 12 anni, perché le persone che hanno cessato la professione nel comparto sanitario sono passate dalle 751 a livello lombardo del 2011 alle 3880 del 2023.

E se questo è il dato regionale, allarmante di per sé, non lo è da meno quello riferito alla provincia di Sondrio, dove il fenomeno delle cessazioni dal servizio per motivi che non hanno a che fare con il pensionamento o il passaggio ad altri è cresciuto del 344,4%, con soli 45 cessati nel 2011 contro i 200 del 2023.

Senza contare, ribadiamo, le continue cessazioni sia per pensionamento di operatori e soprattutto operatrici ormai in là con gli anni, stante uno scarso ricambio generazionale, sia le cessazioni per passaggio ad altri enti anche al di fuori del territorio nazionale, come nel caso della vicina Svizzera.

Ancor più emblematico è il dato relativo al numero degli addetti al comparto, in calo a livello regionale, ma ancor più a livello provinciale.

Se il personale a tempo indeterminato impiegato nel servizio sanitario regionale è passato da 108.005 unità nel 2001 a 106.818 nel 2023, con una riduzione di 1187 addetti, gli squilibri territoriali sono forti, perché nelle realtà in cui la sanità pubblica mantiene una forte centralità e capacità attrattiva, grazie ad investimenti e specializzazioni, il dato è in crescita o al massimo stabile, mentre in altre zone, come Sondrio, è in vertiginoso calo: -710 unità.

A Milano, ad esempio, gli addetti al comparto sono cresciuti di 3840 unità fra il 2001 e il 2023, a Pavia di 345 unità, a Brescia di 147, mentre a Bergamo e a Lecco si registrano cali tutto sommato contenuti, rispettivamente -174 addetti e -260, nulla a che vedere con l’andamento di Sondrio, dove gli addetti sono calati di 710 unità fra il 2001 e il 2023 e di 331 fra il 2011 e il 2023.

Dato inferiore solo a quello di Varese, -803 in 22 anni, di Monza e Brianza, -908 con un’inversione di tendenza, però, negli ultimi 12 anni (+495), e a Como, -906.

In genere, poi, la riduzione del personale a tempo pieno maschile (-6335 unità a livello regionale) è compensata da una crescita del personale femminile, pari al 70% del totale, e dell’utilizzo dei tempi determinati, interinali e part time anche se, pure in quest’ultimo caso, vi sono notevoli discrepanze a livello territoriale e spesso la percentuale prevista di ricorso al part time del 25% sul totale delle assunzioni non viene raggiunta.

In genere sono proprio le donne a scegliere il part time con incidenze provinciali che vanno dal 6 al 12% e anche qui la maglia nera ce l’ha la provincia di Sondrio, dove la percentuale di part time sui tempi indeterminati era già bassa nel 2001, pari all’8% sul 9,9% regionale, è salita al 13,2% nel 2011, scesa al 10,7% nel 2019 e piombata al 6% nel 2023 (contro il 10% regionale). La percentuale più bassa in assoluto in Lombardia «e negare il part time oggi - dicono dalla Uil regionale - significa rischiare di perdere professionalità difficili da sostituire. Un uso più ampio e strutturato del part time, con copertura delle ore residue, può diventare una leva per contrastare le dimissioni volontarie e migliorare il clima organizzativo. Non concedere il part time a chi ne ha bisogno non rafforza l’organico, ma lo svuota. Meglio una risorsa fidelizzata a orario ridotto che una perdita secca, soprattutto per i servizi territoriali e periferici».

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