Funghi, l'esperto mette in guardia: «Il bosco è fradicio, serve attenzione»

Dopo tre decessi in quindici giorni, Stefano Brenz Verca, micologo di Ats, invita alla prudenza. Persone del posto le vittime, spesso sole e senza l’abbigliamento adeguato.

Sondrio

«Il bosco è fradicio, bagnatissimo e molto scivoloso, tenuto conto che è zeppo di fogliame che non viene più rimosso da tempo. Per cui occorre frequentarlo con la massima attenzione, anche se si è persone del posto e si conoscono bene i luoghi».

A dirlo è Stefano Brenz Verca, micologo dell’Ats della Montagna, che abbiamo sentito a ridosso dell’avvio dell’Ispettorato micologico di Ats stessa, in partenza venerdì 1° agosto, e in conseguenza alle tragedie verificatesi nei nostri boschi negli ultimi quindici giorni.

Il primo decesso è avvenuto a Teglio il 14 luglio, con vittima Stefano Orgnoni, 85 anni, del posto; il secondo venerdì a Trivigno di Tirano, dove ha perso la vita Guido Moratti, 77 anni, di Stazzona di Villa di Tirano; e il terzo poche ore dopo, a Rasura, con vittima Gianni Alberti, 52 anni, del luogo. Tutte persone che conoscevano i posti come le loro tasche e che sapevano muoversi molto bene in montagna. Nel caso di Orgnoni, che era con la sorella, pare che abbia avuto un malore prima di cadere, mentre gli altri due fungaioli erano soli, per cui non si può sapere cosa sia loro veramente successo.

«Emblematico è comunque il fatto che in quasi tutti i casi, non solo quest’anno, ma anche nelle ultime stagioni, a rimanere morti o gravemente ferite siano persone del posto, non turisti – dice Brenz Verca –. Anzi, i turisti in un certo qual modo si sono fatti più accorti e, probabilmente, non si addentrano così tanto nel folto non conoscendo i luoghi. Le persone del posto, invece, hanno le loro aree preferite e ci tengono a raggiungerle da soli, cosa che sarebbe invece assolutamente da evitare. Per funghi si dovrebbe sempre andare in due, con abbigliamento consono, cioè mai con gli stivaloni, ma sempre con scarponcini che fasciano bene la caviglia, con pantaloni lunghi e calzettoni spessi. Dopodiché va benissimo portarsi appresso il cellulare, ma non va altrettanto bene affidarsi ciecamente allo stesso, perché nelle nostre valli non sempre c’è campo. Anzi, capita spesso che a distanza di pochi metri da un luogo all’altro il telefonino non riceva, per cui, in caso di caduta e di difficoltà, può essere impossibile chiamare aiuto».

In questo periodo, tra l’altro, i funghi sono sbocciati alla grande, ma solo alle quote alte, dai 1300 metri in su.

«Soprattutto giallini, porcini molto pochi, per cui quando sbucano succede che sale la febbre da raccolta – dice il micologo –. Che va evitata. A funghi si deve andare al mattino presto, quando si è freschi e quando il bosco è ben illuminato. Al pomeriggio è tutta un’altra cosa, cambiano le ombre e le prospettive e aumentano le insidie dettate anche dall’ansia di rientrare a casa prima che cali il buio. Invece, quello che di norma succede un po’ a tutti, è di uscire tranquillamente un attimo dopo pranzo, attorno alla baita, senza l’abbigliamento consono, per un piccolo giretto. Si pensa “vado solo lì”, e si comincia a salire. Metro dopo metro ci si allontana dalla baita e dalla strada, si sale, si sale, si superano anche piccoli o grandi ostacoli senza problemi, perché in salita è più facile e si è motivati dalla ricerca e anche dal fatto di trovare funghi, e ci si allontana troppo. Poi, il rientro è più difficile, perché non sempre si riesce a superare gli ostacoli trovati in salita, non ci si ricorda più da dove si è passati e cominciano le ansie. Ed è in queste fasi che, di norma, si scivola tragicamente».

L’invito è quindi alla prudenza, a non farsi prendere dalla brama di raccogliere chili di funghi, tenuto conto che c’è anche il limite di tre per persona, che vanno conservati nei dovuti modi e non ingeriti in abbondanza, anzi. Dal 1° agosto fino ad ottobre, poi, chi volesse farli controllare dagli esperti prima di mangiarli potrà rivolgersi negli orari prefissati all’ispettorato micologico della locale Ats.

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