Omicidio Emilia Nobili, l’autopsia conferma la ferocia dell’aggressione

L’esame ha chiarito la dinamica del brutale omicidio. Il marito, Mohamed Rebani, ha confessato. Venerdì alle 10.30, nella chiesa della Madonna del Carmine a Poggiridenti Alto, ci saranno i funerali

Poggiridenti

Poggiridenti è ancora scossa dal brutale omicidio di Emilia Nobili, l’insegnante 75enne in pensione trovata senza vita nella sua abitazione in località Nobili. A fare piena luce sulla dinamica dell’assassinio è ora l’autopsia, eseguita dal dottor Luca Tajana, anatomopatologo dell’Istituto di Medicina legale dell’Università di Pavia, su incarico della Procura di Sondrio, titolare del fascicolo.

I risultati confermano la ferocia dell’aggressione: Emilia Nobili è stata colpita più volte con un coltellaccio da cucina, che ha inferto profondi fendenti al petto, all’addome e ai fianchi. Alcuni colpi hanno raggiunto organi vitali, provocando la morte quasi istantanea della donna. La precisione e la violenza non lasciano dubbi: si è trattato di un attacco intenzionale e letale, messo in atto con inaudita crudeltà.

L’autopsia ha anche confermato la compatibilità delle ferite con la versione fornita dal marito della vittima, Mohamed Rebani, 64 anni, di origine marocchina, che ha confessato l’omicidio. Secondo quanto dichiarato dall’uomo, l’aggressione si sarebbe consumata nella notte tra giovedì 31 luglio e venerdì 1° agosto. Tuttavia, per stabilire con maggiore precisione l’ora del decesso, saranno necessari ulteriori accertamenti, tra cui l’esame istologico dei tessuti prelevati, che potrà fornire indicazioni più dettagliate.

Al termine dell’esame autoptico, la Procura di Sondrio ha concesso il nulla osta alla sepoltura. La salma è stata riconsegnata ai familiari e, secondo quanto disposto, non potrà essere cremata. I funerali si svolgeranno venerdì alle 10.30, nella chiesa della Madonna del Carmine a Poggiridenti Alto.

Rebani si trova attualmente in carcere, in custodia cautelare, con l’accusa di omicidio volontario. Davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecco si è avvalso della facoltà di non rispondere. Tuttavia, venerdì sera – dopo essere stato fermato in stato di ubriachezza nel capoluogo lariano – aveva reso piena confessione, consentendo almeno il ritrovamento del corpo della moglie.

Le indagini, coordinate dalla Procura, proseguono per chiarire ogni dettaglio del contesto in cui è maturato il delitto. Gli inquirenti stanno ricostruendo con precisione gli ultimi giorni di vita di Emilia, raccogliendo testimonianze e verificando i movimenti dell’uomo. La confessione di Rebani, pur dettagliata, dovrà essere confrontata con gli elementi oggettivi raccolti e con gli esiti degli esami tecnici in corso.

La vicenda ha riacceso anche in provincia di Sondrio i riflettori sul tema della violenza domestica e sulle relazioni affettive segnate dal controllo e dalla sopraffazione. Il calvario di Emilia era iniziato – almeno ufficialmente – nell’ottobre 2024, quando si era recata dai carabinieri per denunciarlo per maltrattamenti e lesioni. Due giorni dopo, il 18 ottobre, Rebani aveva già violato il divieto di avvicinamento ed era stato arrestato.

Il giudice del Tribunale di Sondrio aveva disposto per lui la custodia cautelare in carcere, misura scontata per sei mesi a via Caimi. Il 24 aprile, l’uomo era stato condannato a un anno e sei mesi, ma liberato subito con la sospensione condizionale della pena. Pochi giorni dopo, Emilia lo aveva riaccolto in casa.

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