Tragedia a Villa di Tirano, il paese si interroga

I commenti sui social network sull’episodio che ha visto protagonisti Emilio Del Dosso Vanari, 50 anni, operaio fresatore alle Officine Meccaniche Fratelli Magro e la madre Maria Borserini, 86 anni, inferma a letto dopo un ictus e anni di malattia

Villa di Tirano

Il caldo opprimente di questi ultimi giorni rende ancora più surreale l’atmosfera a Villa di Tirano dove pochi cittadini si vedono in giro quando il sole è alto nel cielo e le temperature roventi. Ma non è soltanto l’afa a tenere tutti al riparo nelle proprie case.

C’è anche un peso nel petto. Perché quello che è successo in pieno centro paese, in via Roma, appena dietro la chiesa parrocchiale di San Lorenzo, opprime la comunità. Un figlio – Emilio Del Dosso Vanari, 50 anni, operaio fresatore alle Officine Meccaniche Fratelli Magro – ha ucciso la propria madre Maria Borserini, 86 anni, inferma a letto dopo un ictus e anni di malattia, e poi ha rivolto la pistola contro di sé e ha messo fine anche alla sua di vita. Un fatto di cronaca così grave, così doloroso, che porta molti a farsi interrogativi, a domandarsi: «Dove si annidano dolore e disperazione?», «Ma perché non abbiamo capito?», «Avremmo potuto fare qualcosa?», «Come è possibile?».

Rispondere non è facile e neppure consolatorio, forse. E, infatti, la notizia ha ammutolito in paese intero, mentre, come ultimamente capita, ha animato i social. I commenti, che si affollano sui profili social del nostro stesso giornale ma anche di chi conosceva Miglio, come da tutti era chiamato, evidenziano questa empatia nei confronti della situazione, una commossa vicinanza, una partecipazione intensa e sincera. Miglio, come ha confermato il suo titolare Pietro Magro, adorava la sua mamma, con cui viveva. Il suo pensiero era sempre rivolto a lei, sia prima quando la signora era in salute e a lui legatissima, sia quando ha cominciato a non stare bene.

Si apprende anche che il figlio si fosse opposto all’idea che la madre potesse essere accolta alla casa di riposo Bongioni-Lamberteghi, proprio perché voleva che stesse nella sua casa, con i suoi affetti. Nessuno vuole trovare scusanti per il grave gesto, ma un’umana comprensione, quella sì. C’è così chi, tramite Fb, esprime semplicemente una preghiera e un augurio di riposo in pace, chi dice che «ha voluto portare con sé anche la sua mamma» e chi commenta: «Povero: la depressione è una bestia nera che quando travolge annienta ogni interesse e ti porta a vivere la quotidianità come un incubo dal quale non vedi una via di uscita, perché non ti senti in forza per trovare il modo di uscirne. Solo chi ha vissuto questo dramma può capire questo gesto che ha portato un figlio a porre fine all’esistenza di una madre per non farla soffrire».

Un altro lettore conferma: «Solo chi ha provato la solitudine, la fragilità, la disperazione e l’importanza di queste situazioni riesce a capire sino in fondo il dramma di un gesto così». E un tema che esce forte, nelle conversazioni, è quello del sostegno delle strutture pubbliche, delle persone vicine, amici o familiari. Che pure hanno tentato di aiutarlo. Il suo datore di lavoro Pietro Magro aveva parlato con Miglio, dopo che era rientrato al lavoro in seguito ad una frattura ad una gamba – occorsa in un incidente in moto, di cui era appassionato - che lo aveva immobilizzato per mesi, e con un medico amico aveva dato consiglio. Miglio avrebbe dovuto iniziare una percorso di parola con uno psicologo proprio questa settimana. Ma non ha fatto in tempo. La voragine della sua mente lo ha inghiottito insieme alla sua mamma. «Ciao Miglio, ora fai trial da lassù», l’augurio di molti amici.

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