Alluvione in Friuli: la testimonianza di una docente grosina

Daniela Antonioli, trasferitasi da anni in Friuli, racconta lo smarrimento e la solidarietà dopo l’alluvione.

Grosio

Negli eventi calamitosi provocati dal maltempo in Friuli Venezia Giulia che hanno colpito Romans d’Isonzo è stata coinvolta anche una grosina, la docente Daniela Antonioli, da una trentina di anni lì trasferitasi, che in Valtellina scriveva per il Corriere della Valtellina nella seconda metà anni Ottanta. Lunedì il paese è stato colpito da un’improvvisa incessante ed eccezionale pioggia che si è scatenata con un’intensità indomabile e imprevedibile.

La piccola frazione di Versa si è trovata interamente sommersa dalle acque, raggiunta dall’esondazione del torrente Judrio. Dei 324 cittadini, nessuno è riuscito a scappare dall’ondata travolgente ma si sono tratti in salvo salendo ai piani superiori da cui hanno assistito impotenti all’inesorabile escalation. I soccorsi sono stati immediati e nell’arco della mattinata sono stati tutti tratti in salvo con i gommoni dei vigili del fuoco e della protezione civile e portati nella palestra di Romans dove tutta la popolazione ha gareggiato nel fornire indumenti, bene di conforto e alimenti. Nessuno è mancato all’appello né tra i colpiti dell’alluvione né tra i compaesani che si sono prodigati in solidarietà mentre le autorità si occupavano di organizzare il pernottamento: 10 in palestra, 28 in strutture alberghiere a Gorizia e ben 286 ospitati dai parenti.

«Tutti insieme abbiamo continuato increduli a seguire a distanza le scene apocalittiche che venivano ritratte sul posto. Io , fortunatamente non sono stata evacuata perché abito a 700 metri di distanza. Avevo offerto la disponibilità ad accogliere sfollati, ma non si è presentato nessuno. Nemmeno nel ricordo dell’alluvione del 1987 in Valtellina, riesco a rintracciare fotogrammi tanto crudi- ricorda Antonioli-. Ho rivissuto invece il senso di smarrimento causato dall’evacuazione forzata, il doversi separare dai propri beni e sentirsi in balia degli eventi. Ho rivisto nei volti dei miei compaesani di oggi lo stesso sbigottimento di quelli di allora. Anche il giorno seguente la reazione è stata simile: rimboccarsi le maniche, stivali ai piedi, poche parole e tanto tanto lavoro». Tutto coordinato dalle squadre di volontari esperti impegnati nel ripristino della rete elettrica, nella valutazione della sicurezza degli edifici, nella separazione delle montagne di beni ormai irrimediabilmente danneggiati dalle carcasse degli animali. Il fango penetra ovunque e l’odore acre accompagna ogni pesante passo.

Un paese messo in ginocchio ma che già si sta rialzando e che vuole tornare alla normalità. «Non sarà semplice e ci vorrà tempo ma la solidarietà che palpabilmente accompagna questi giorni è motivo di speranza. I friulani come i valtellinesi hanno grande forza di volontà e non si arrendono mai». Conclude Antonioli. Proprio in un edificio storico del piccolo borgo di Versa, nella locanda Casaversa 1834, si ricorda il soggiorno di Giuseppe Ungaretti tra il 1916 e il 1917 dove scrisse gran parte dell’importante lavoro di Porto sepolto mentre il suo reggimento, il diciannovesimo della Brigata Brescia, ritornava a riposo dopo gli spaventi e le fatiche delle trincee sul monte San Michele.

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